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Sono qui a Lampedusa. Ho fatto ciò che ritenevo più giusto fare e sono arrivato su queste coste, dove continua l’odissea di 42 persone a bordo di una nave, e dove si sta sviluppando una vicenda paradossale, assurda.

Contro la Sea Watch e contro queste 42 persone si sta consumando una guerra inspiegabile, su cui nessuno sta facendo luce. C’è una verità da raccontare: a Lampedusa continuano ad arrivare piccole imbarcazioni di fortuna con decine di persone. Anche stamattina all’alba, mentre la Sea Watch è ferma di fronte al porto, è arrivata una barca con circa una decina di persone a bordo, senza che si sia scatenata alcuna guerra a colpi di tweet, direttive del ministero e chiacchiere varie. E nello stesso modo, negli ultimi giorni, sulle coste di Lampedusa sono arrivate circa un centinaio di naufraghi.

Anche per questa ragione il gesto di Carola, la giovane comandante della nave Sea Watch 3, assume un valore non solo pratico ma anche simbolico importante. Costretti da due settimane a stare in acque internazionali, senza alcuna autorizzazione a mettere in salvo le 42 persone salvate dal naufragio.

Carola rischia un’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, forse addirittura di attentare alla sicurezza nazionale. Rischia anche di ricevere una multa salatissima e il sequestro della nave.

Ma Carola ha deciso di forzare il divieto, ha deciso di non obbedire agli ordini ciechi e sordi di un gruppo di stati europei, Italia di Salvini in testa, incapaci di assumersi la responsabilità per quello che da anni sta accadendo nel Mediterraneo e nel continente africano.

Salvini ha annunciato che schiererà la forza pubblica contro l’approdo di 42 persone. Una prova di forza, l’ennesima, disumana. La stessa prova di forza, per esempio, che da tempo Donald Trump sta mettendo in atto al confine fra Stati Uniti e Messico e che sta producendo decine e decine di morti, senza distinzione di età, sesso ed etnia.

Devo dirlo: davvero nel paese delle mafie che si mangiano tutto e che sono arrivate nel cuore delle istituzioni, come i recenti arresti per ’ndrangheta in Emilia dimostrano, si può pensare di scatenare una vera e propria guerra armata contro la solidarietà e le persone che salvano le vite in mare?

Davvero nel paese in cui la corruzione divora oltre 60 miliardi di euro l’anno, si può considerare un attentato alla sicurezza nazionale l’approdo di 42 (!!!) persone?

Io trovo tutto questo folle e vergognoso.

Trovo folle che il ministro del disordine abbia continuato a minacciare la Sea Watch 3 in questi giorni e a fare il bullo con il personale di bordo, mentre c’erano città europee e organizzazioni ecclesiastiche disponibili ad accogliere e ospitare le 42 persone.

Perché non li ha fatti sbarcare e non ha agevolato le ricollocazioni? Qual è la vera ragione? Salvini vuole fare il nazionalista?

E sì, ma poi il nazionalista padano nel frattempo si svende il paese agli interessi delle multinazionali americane per obbedire all’amico Trump e guadagnarsi un posticino al sole.

Aspetto il momento in cui Salvini riverserà la medesima forza bruta sulle imprese che delocalizzano e lasciano a casa migliaia di lavoratori (italiani e non, nuovi o vecchi italiani), o verso le multinazionali che imperversano sul nostro territorio e fanno il bello e il cattivo tempo sulla testa delle comunità e sugli ambienti in cui vivono.

Per ora, il suo nazionalismo l’ho riscontrato contro l’umanità di chi salva vite, o contro i cortei degli operai su cui in questi giorni si vanno abbattendo i manganelli di forze dell’ordine sottopagate, obbligate a rispondere agli ordini del ministro.

Cosa avrebbe dovuto fare Carola, vista la sordità dell’Italia e dell’Europa? Buttare in mare 42 persone? O portarle in un paese in guerra come la Libia, dove le persone subiscono le peggiori torture, anche a causa degli scellerati accordi firmati dai governi italiani e mai disconosciuti? Lo dica Salvini. Magari è intimamente d’accordo con l’idea di Giorgia Meloni di affondare le barche.

Non accettiamo più lezioni da nessuno. Perché di fronte alle vite umane, alla loro intangibilità, di fronte alla libertà e alla fame dei più poveri e dei più deboli, cari signori, non c’è alcuna legge che tenga e che possa arginare quello che è diventato un vero e proprio conflitto globale.

Per me, per noi, non c’è differenza quando una persona ha fame e quando chiede libertà. A questo dovere, solo a questo, bisogna rispondere. L’ho già fatto, sono salito su Open Arms, quando ce n’è stato bisogno, ho messo una firma per far partire la Mare Jonio di Mediterranea, ho anche preso una multa per aver fatto il mio dovere di parlamentare nell’ispezione sulla Sea Watch dello scorso 27 gennaio, una situazione molto simile a quella attuale.

Quindi sono qui, per mettere a disposizione il mio ruolo e per testimoniare che Carola sta rispondendo a un dovere superiore alle leggi. E noi siamo con lei.

Sorgente: Carola sta rispondendo a un dovere superiore alle leggi. E noi siamo con lei | L’HuffPost

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