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Fonti Usa, gli uomini chiave del regime si sarebbero dovuti schierare con Guaidó e López ma, all’ultimo momento, hanno fatto marcia indietro. Scenari da guerra fredda?

di Rocco Cotroneo

La fotografia di oggi — ennesima giornata di marce di protesta contro e a favore del regime — vede al momento uno sconfitto e un mezzo vincitore. La spallata finale di Juan Guaidó non c’è stata, la rivolta non è andata oltre qualche immagine sui social. Nicólas Maduro è ancora al potere, appoggiato dalla gran parte delle forze armate. A poche ore dall’annuncio della sua liberazione dai domiciliari, il leader oppositore Leopoldo López è dovuto correre a rinchiudersi nuovamente, stavolta nell’ambasciata spagnola con moglie e figlia, per evitare la quasi certa vendetta del chavismo. Intanto a Caracas si sono verificati nuovi scontri tra manifestanti e la Guardia nazionale bolivariana, mentre sono in corso le marce contrarie di sostenitori di Maduro e oppositori.

Anche per Guaidó non sono ore tranquille, potrebbe essere arrestato in qualsiasi momento, e vive in una sorta di semiclandestinità. Ma perché la giornata della rivolta finale (o del golpe, secondo il regime) si è afflosciata nel giro di poche ore? Chi ha sbagliato, o meglio come ha fatto Maduro a liquidare la questione senza nemmeno aver bisogno di una forte repressione? Se fossero vere le parole di John Bolton, il consigliere per la Sicurezza Nazionale Usa, ci troveremmo di fronte ad una vera e propria stangata ai danni di Guaidó. «C’era un accordo dietro le quinte — ha detto Bolton —. Alcuni uomini chiave del regime avrebbero dovuto disertare, spianando la strada alla caduta di Maduro».

Parole rafforzate dalla ricostruzione dei fatti (anch’essa da prendere con le pinze) del segretario di Stato Mike Pompeo: «Maduro era pronto a salire su un aereo, per scappare a Cuba. Poi è stato fermato dai russi». Siamo di fronte, insomma, ad uno scenario da post guerra fredda in grado di far impallidire quella vera, con tutto il contorno dei film di spionaggio. Se così fosse, gli Usa avrebbero erroneamente dato il via libera all’operazione finale di Guaidó e López, fornendo loro però informazioni fasulle: non esisteva uno scenario di deposizione di Maduro all’interno del regime stesso. Alla «fregatura» avrebbero partecipato attivamente uomini di Mosca.

I militari venezuelani infatti, tranne poche diserzioni di soldati semplici, non si sono spaccati. Il quadro del fallimento era già chiaro nel primo pomeriggio ora di Caracas, a otto ore dall’inizio dell’operazione. A quel punto — e Maduro non era nemmeno apparso in pubblico — López aveva già deciso di chiedere aiuto diplomatico (prima al Cile, infine alla Spagna) e una ventina di militari ribelli avevano fatto lo stesso con il Brasile. Non secondaria, infine, la mancata risposta della piazza. C’erano poche migliaia di manifestanti nelle strade, i venezuelani sono esausti. Fine della sfida. Non finisce qui naturalmente. La nuova sfida delle manifestazioni in corso oggi potrebbe non avere molta rilevanza, ma la decisione dell’amministrazione Trump di non desistere dalla partita venezuelana resta chiara. «Pur preferendo una transizione democratica, l’opzione militare resta in piedi», ha insistito ieri Pompeo.

Sorgente: Venezuela, la rivolta che non c’è stata. I russi dietro la «beffa» dei militari?

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