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di Pino Cabras*

Un ex candidato repubblicano alle presidenziali statunitensi (ed ex deputato di lungo corso), Ron Paul, non si perde in mezzi termini e prefigura uno scenario inquietante: diventa altamente probabile che il debolissimo Guaidò, fin qui sostenuto artificialmente da alcuni apparati statunitensi e da un intenso dispositivo diplomatico, poiché non è in grado di innescare una sedizione interna in Venezuela, possa risultare in un certo senso ‘sacrificabile’.

Nella trasmissione da lui curata, Ron Paul sostiene che coloro che vogliono vedere il paese immerso in un maggiore clima di violenza potrebbero inscenare un “evento catalizzante”.

“Il grande pericolo è che esploda una grave guerra”, ha affermato l’ex parlamentare texano. Mentre si muovono truppe, forse anche di mercenari, potrebbe verificarsi “un attentato sotto falsa bandiera o qualche importante esponente di entrambe le parti potrebbe essere ucciso”.

Il co-conduttore della trasmissione, Daniel McAdams, è andato oltre, suggerendo che lo stato profondo USA potrebbe assassinare Guaidò.

“È stato finora una specie di figura sfortunata”, ha detto McAdams. “Fa appello a proteste di massa e nessuno si presenta. Non penso che in questo momento si accorga che in realtà ora vale più da morto che da vivo non solo per la CIA, ma anche per i suoi stessi colleghi di opposizione.

Un colpo tra la folla o qualcosa del genere per far fuori Guaidò. Potrebbe turbarti, dottor Paul, ma la CIA è piuttosto abile in questo genere di faccende”.

Ron Paul definisce di seguito i falchi neocon come dei clown, degli irresponsabili, dei guerrafondai.

Pur essendo minoritario nella galassia repubblicana, il consenso di Ron Paul – grazie alle sue posizioni sempre anti-interventiste – è cresciuto nel corso degli anni, trasferendosi anche in parte alla carriera del figlio Rand Paul, oggi senatore. Ma soprattutto ha rappresentato una componente decisiva della massa d’urto che ha portato Donald Trump alla presidenza contro gli altri repubblicani. I voti dei seguaci di Paul sono andati a quel Trump che in campagna elettorale sosteneva che non avrebbe mai più fatto promuovere sovversioni all’estero in forma di “regime change”. Insomma, potrebbe esserci qualche lotta in corso fra Trump e i falchi che lo circondano. Sin dall’inizio della sua presidenza, “The Donald” si è trovato sotto infinite pressioni politiche e giudiziarie che lo hanno contrapposto al Deep State. Chi vuole Caracas in realtà è in lotta per il potere a Washington.

*Deputato del Movimento 5 Stelle. Post Facebook del 2 maggio 2019

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