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Siri, via alla procedura di revoca. Il decreto di Conte in Consiglio dei ministri

Mercoledì 8 maggio riunione del governo: prevista una discussione ma non il voto. L’obiettivo del premier è solo informare i ministri e poi girare l’atto al Colle

di Marco Galluzzo

Prevede un confronto, una discussione, ma non un voto. Ha dalla sua parte la legge, che lo autorizza a scrivere da solo un atto giuridicamente completo, inoppugnabile, di natura amministrativa e non legislativa: nella sostanza e nel merito un atto di revoca della nomina del sottosegretario leghista Armando Siri come ha già anticipato qualche giorno fa in conferenza stampa. (Matteo Salvini intanto spiega: «Con il M5S c’è una spaccatura, non solo su Siri. Ma si va avanti con il governo).

Quel documento, un decreto del capo del governo, a cui ha lavorato il Segretariato generale di Palazzo Chigi, è già pronto e stamattina Giuseppe Conte lo porterà sul tavolo del Consiglio dei ministri non per metterlo ai voti, ma per leggerlo e informare i ministri presenti. Del resto la legge che lo autorizza a nominare i sottosegretari, anche se rimanda a un decreto del presidente della Repubblica come chiusura di un procedimento amministrativo, dice che le proposte del capo del governo si fanno «sentito» il Consiglio dei ministri. E la stessa regola vale al contrario; anche per la revoca il governo può limitarsi ad ascoltare quello che eventualmente avranno da dire i colleghi di governo, soprattutto della Lega, ma senza che questo infici il procedimento che ha avviato.

Per questo motivo la riunione di oggi probabilmente non vedrà un voto e per questo motivo in questi giorni Giuseppe Conte ha escluso una votazione. Ovviamente, vista anche l’assenza o quasi di precedenti, la discussione che si aprirà potrà anche avere esiti imprevedibili. Di sicuro Conte punta a formalizzare la sua decisione senza traumi politici, cercando di non spaccare il governo, evitando gesti clamorosi della Lega, come l’uscita dal Consiglio o la richiesta comunque di una votazione. Immagina un andamento sereno e non burrascoso della riunione dell’esecutivo, ma non dipende soltanto da lui. Matteo Salvini ha già detto che in ogni caso si andrà avanti, che non ci sarà alcuna crisi di governo, ma è possibile anche che non si arrenda facilmente, che voglia comunque marcare una distanza politica e sostanziale dalla decisione del premier, in sostanza dal «licenziamento» del suo sottosegretario, indagato per corruzione per aver cercato di presentare un emendamento retroattivo in Parlamento che avrebbe favorito soltanto un cerchia ristretta di imprenditori.

La legge disciplina nella forma soltanto la nomina dei sottosegretari. Non prevede il caso revoca. Ma si ritiene che per la revoca dell’incarico si debba seguire, a ritroso, la stessa procedura. Viene prevista da una delle leggi fondamentali sull’attività di governo, la 400 del 1988, in particolare l’articolo 10. In questo caso l’articolo recita così: «I sottosegretari di Stato sono nominati con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro che il sottosegretario è chiamato a coadiuvare, sentito il Consiglio dei ministri». Dunque l’atto che Conte porterà in Consiglio avrà il concerto del ministro Toninelli, che ha già peraltro ritirato le deleghe a Siri,e dovrà poi andare al Quirinale per essere controfirmato e trasformato in decreto del Presidente della Repubblica. Un passaggio formale, sul quale il Colle ha già fatto sapere di non avere alcun problema di sorta. Insomma la formula del «sentito il consiglio dei ministri» significa che un eventuale voto non solo non è previsto, ma anche se ci fosse non sarebbe determinante. Bisognerà vedere quanto Matteo Salvini e gli altri esponenti della Lega si opporranno a questa procedura e quali eventuali contromosse adotteranno.

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