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I voti ottenuti dal Partito democratico alle elezioni europee sono più o meno di quelli riportati alle politiche dello scorso anno? È vero che la matematica non dovrebbe essere un’opinione, eppure la questione è diventata oggetto di scontro politico tra i dem, con Nicola Zingaretti impegnato a difendere l’exploit della sua lista unitaria e Matteo Renzi che interviene a smorzare gli entusiasmi e parla di circa 120mila consensi persi. Chi ha ragione?Se si considerano le percentuali delle due tornate elettorali, è facile dire che i Democratici sono avanzati dal 18,7% dello scorso anno al 22,7% di domenica scorsa. Ma questi dati sono influenzati dall’affluenza, che alle europee è stata ben più bassa rispetto alle politiche. “Guardiamo i numeri assoluti”, dice allora Renzi. E, a una prima occhiata, ha ragione lui (anche se arrotonda un po’ troppo in eccesso): sono 6.050.351 i voti del 2019, contro i 6.161.896 del 2018. Insomma, il Pd non guadagna, ma perde.A guardare le cose da un altro punto di vista sono però i ricercatori di YouTrend, che con la loro maratona sui social hanno accompagnato minuto per minuto con rilevazioni, analisi e anticipazioni la nottata elettorale e il day after delle amministrative. Sul loro sito, spiegano infatti che la comparazione tra i dati delle due tornate elettorali andrebbe affinata maggiormente. Il motivo è legato al meccanismo del Rosatellum, la legge elettorale in vigore per le politiche. Come si ricorderà, in quel caso era possibile votare anche esclusivamente per il candidato al maggioritario, senza indicare una delle liste che lo sostenevano. In quel caso, i voti sarebbero stati poi ripartiti tra le singole liste della coalizione, in proporzione ai voti già ottenuti da queste.Nello specifico, il solo Pd aveva riportato quasi l’85% dei voti di tutto il centrosinistra, che comprendeva anche +Europa, Civica popolare, Insieme e Svp. Quei 6,1 milioni sono quindi frutto non solo dei consensi ottenuti direttamente dai Democratici, ma anche dall’aggiunta dell’85% di quei 332.587 consensi rivolti esplicitamente dagli elettori solo ai candidati dell’uninominale.Per fare un raffronto “ripulito” da questa distorsione frutto del meccanismo elettorale, YouTrend ha recuperato e confrontato tra loro i risultati “netti” conseguiti dal Pd sull’intero territorio nazionale, con l’eccezione della Valle d’Aosta. Ed ecco il risultato: 5.887.246 voti nel 2018, contro 6.042.267 nel 2019. Ossia una crescita pari a 155.021 preferenze. Quindi, ha ragione Zingaretti.Ovviamente, Renzi sottolinea come il dato di queste europee comprenda anche i voti in entrata da Articolo Uno, così come dagli ex elettori di Insieme e Civica popolare (almeno quelli che hanno scelto il Pd). Ma Zingaretti rivendica questa convergenza come un risultato della propria azione inclusiva. Un merito, quindi, anziché un limite. In questo caso, la questione tra i due è tutta politica. Ma almeno sui numeri l’analisi che abbiamo citato ha il merito di restituire un quadro più chiaro e veritiero.

Sorgente: Perché sui voti del Pd alle europee Zingaretti ha ragione e Renzi torto | L’HuffPost

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