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Nelle periferie 2,7 milioni di persone chiedono aiuto per mangiare. Da CasaPound al Pd il sistema di assistenza «politico-alimentare»

di Goffredo Buccini e Federico Fubini

Il Pd per «riscoprire» i poveri ha chiesto una mano a Sant’Egidio: che di poveri si occupa da mezzo secolo. «Non faccia quel sorrisetto. Io vengo da Villaggio Breda, dietro Tor Bella Monaca, anche se ora sto ai Parioli». Carla Fermariello, militante nel sociale da vent’anni, non ama passare da «pariolina» che di botto s’accorge degli ultimi. Eppure, che la sua sezione, lo storico circolo pd di via Scarlatti, abbia ospitato a febbraio per tre settimane quattro senzatetto (un tunisino e tre italiani), con tanto di cena offerta da un pastificio di via Po, fa effetto, dato che i dem resistono alle elezioni solo nei quartieri «bene» e sembrano aver divorziato da popolo e periferie.

L’Italia che fatica

Lo ammette Carla: «Noi non parlavamo più con queste realtà, così abbiamo chiamato i volontari di Sant’Egidio, ma è un esperimento delicato, non lo si fa per un po’ di visibilità in più. Ha cominciato la nostra sezione di San Giovanni». Al giro di boa della modernità, Roma si ritrova stremata: anche in questo capitale di un’Italia che fatica a fare la spesa dopo la terza settimana del mese. E il pacco alimentare o la scodella di minestra diventano welfare privato: dove Stato o Comune non arrivano, la politica, a sinistra come a destra, ripercorre sentieri già segnati da molti anni dal volontariato cattolico, spesso però con motivazioni e obiettivi assai diversi.Intendiamoci: l’iniziativa del Pd non si può certo assimilare alle campagne di CasaPound a Casal Bertone, alla Magliana o in altre borgate romane. Lì la distribuzione di pacchi di pasta ha per contorno messaggi di rabbia e slogan razzisti. Qui gli eredi del vecchio Pci cercano di riprendere contatto con gli ultimi, cercando una vocazione perduta. Ma, in un’Italia sempre più venata di rabbia e fame, va nascendo un fenomeno nuovo: il welfare politico-alimentare.

I numeri

Secondo l’Istat oltre cinque milioni di persone vivono oggi in «povertà assoluta», quel tipo di indigenza che impedisce l’accesso ad alcuni beni essenziali. Anche se il dato fosse un po’ distorto dalle dimensioni del lavoro nero, l’emergenza resta acuta. Coldiretti stima che nel 2017 in Italia 2,7 milioni di persone siano state costrette a chiedere aiuto per mangiare. Il bisogno alimentare è un’epidemia con molti focolai, e non solo al Sud. Gratosoglio, Corvetto, Rogoredo, Lorenteggio, Comasina, Quarto Oggiaro o Quartiere Adriano, a Milano, Magliana, Tor Bella Monaca, Borgata Finocchio, San Basilio, a Roma, e molti altri quartieri delle città metropolitane sono in difficoltà nell’assicurare l’assistenza di base — che compete ai Comuni — perché l’evasione di imposte locali sui rifiuti o sulle seconde case ormai è endemica. Le periferie italiane restano così prive di un anticorpo essenziale: un welfare impersonale e non discriminatorio. Negli ultimi anni l’assistenza alimentare è stata garantita da organizzazioni caritatevoli, che rispondono in pieno a queste caratteristiche: a Roma Sant’Egidio; con base a Milano il Banco Alimentare che distribuisce gratis alimenti a migliaia di associazioni convenzionate in tutt’Italia; poi la Caritas o la Croce Rossa italiana. Ma anche la politica si sta accorgendo dei nuovi bisogni: e si muove sul mercato parallelo del consenso.

Sant’Egidio diventa dunque il prototipo da imitare. Giovanni Impagliazzo, una delle anime della comunità trasteverina, racconta il primo contatto col Pd di San Giovanni: «Ci hanno chiesto aiuto per conoscere la povertà del quartiere. Noi gli abbiamo presentato un po’ di anziani…». Dallo scorso dicembre a marzo la sezione pd di via La Spezia è stata aperta a dieci senzatetto (due italiani, due romeni e sei maghrebini), branda e minestra nello stanzone sotto il livello stradale davanti al vecchio ritratto di Berlinguer. Dice Impagliazzo: «Queste esperienze possono fallire facilmente, noi abbiano chiesto che il modello fosse inclusivo. Certo, poi c’è un altro lavoro, quello di CasaPound, ma è settario perché si rivolge solo agli italiani».

A destra

Quella è, del resto, la bandiera dei «fascisti del terzo millennio» che tentano di emendarsi da violenze e scene infami. Quando è esploso il caso del pane per i rom calpestato a Torre Maura, Luca Marsella ha replicato duro: «Mentre nei salotti tv si parla di periferie, noi continuiamo a sostenere le fasce più deboli», ha detto il consigliere di CasaPound di Ostia, dove il gruppo ha ottenuto un notevole successo elettorale: «Invitiamo politici e intellettuali, che ci hanno accusato per Torre Maura, a venire a vedere quanti italiani abbandonati hanno trovato speranza in CasaPound». A Ostia, ogni martedì i pacchi alimentari vengono consegnati agli indigenti (solo italiani) nella sede di via Pucci Boncambi. E ogni settimana la scena si ripete nelle sedi di Roma Est e in tante altre sparse per l’Italia. A Milano la onlus Bran.co, legata al gruppo di estrema destra Lealtà e Azione, fa un’attività identica e svolge interventi simili in una decina di altre città: da Catanzaro a Udine, da Firenze a Genova.

Sotto il Vesuvio

A Napoli, nella Scampia delle Vele, il welfare alimentare non ha una sigla di partito, essendo fornito dalla palestra di Judo Star Club di Gianni Maddaloni, il maestro che strappa a sberle i futuri guappi alle babygang e due volte a settimana distribuisce la spesa donata dalla Caritas del Vomero e dal Banco Alimentare: ormai però anche Maddaloni ha, al di là della propria volontà, un capitale politico accumulato nel quartiere, spesso in polemica con il sindaco de Magistris. Sotto il Vesuvio compare anche l’estremo opposto di questo generoso popolano: Emanuele Filiberto di Savoia, nipote dell’ultimo re d’Italia, che, meditando un balzo in politica, racconta al Mattino di stare organizzando un «Banco Alimentare» per Pizzofalcone e il Pallonetto di Santa Lucia. Il rampollo aristocratico usa e spende però un nome dell’assistenza che non gli appartiene. Lo stesso fa CasaPound a Napoli con «Colletta Alimentare», il marchio con il quale il Banco Alimentare raccoglie offerte di cibo una volta l’anno. I neofascisti usano quell’insegna senza chiedere il permesso, piazzandosi davanti ai supermarket delle periferie: tra i più ferventi nella raccolta a Vallerano era il consigliere Francesco Chiricozzi, poi arrestato per lo stupro di una trentaseienne di Viterbo (nella sede di CasaPound in paese, chiusa dopo lo stupro, c’erano ancora i pacchi con le uova di Pasqua da distribuire).

Il marchio

Ma l’abuso del marchio è un peccato diffuso. In Campania il Banco Alimentare ha dovuto interrompere le forniture a ben dodici associazioni «caritatevoli» che offrivano cibo in cambio di propaganda per un po’ tutti i partiti. Così il Banco si è dato una regola per le europee del 26 maggio: da sabato prossimo dai magazzini non esce più una sola scatoletta di tonno, nei dieci giorni prima di ogni elezione la distribuzione di cibo è sospesa a scanso di manipolazioni politiche del cibo. Bisogna insomma tornare alle mense di Sant’Egidio, dove questa storia è incominciata, per riassaggiare un aiuto senza condizioni né interessi. O in via Fienaroli, dove il martedì i volontari distribuiscono i pacchi: «cucina» (per chi ha casa e fornelli) o «non cucina» (per chi s’arrangia in strada) con scatolette di tonno, fagioli, biscotti. Eppure, persino in quelle file di popolo dolente, spesso a occhi bassi per il pudore, s’insinua il veleno dei nostri giorni, racconta una volontaria: «Capita sempre di più il romano che ti chiede perché quei vestiti usati li diamo anche agli stranieri invece di darli, sì… prima agli italiani».

Sorgente: Pacchi di pasta e propaganda Il welfare dei partiti nell’Italia dei nuovi poveri

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