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“È assurdo multare chi salva vite, è come accanirsi sulle ambulanze”. Solo Msf negli ultimi tre anni avrebbe pagato 440 milioni

di Cristina Nadotti

ROMA – “È come multare un’ambulanza per i pazienti che porta in ospedale, allucinante!”. Il paragone usato da Claudia Lodesani, presidente di Medici senza frontiere, esprime in maniera efficace l’indignazione delle ong per la norma inserita dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, nel decreto sicurezza bis. È una rivolta generale contro la norma che prevede multe da 3.500 a 5.500 euro per “ogni straniero trasportato”. In pratica un’organizzazione come Msf che in tre anni, con 5 navi, ha soccorso 80 mila persone, avrebbe dovuto pagare la somma iperbolica di 440 milioni. O, facendo una media, 146,6 milioni all’anno (a fronte di un bilancio del programma di salvataggio che parla di circa 57 milioni di fondi raccolti nel 2017).
Sempre nel 2017, con la nave Vos Hestia, Save the children ha salvato circa 7 mila persone, poiché in alcuni salvataggi sono state portate a bordo anche 300 persone. Le multe previste dal decreto bis sarebbero ammontate a 38 milioni e mezzo di euro, questo quando il solo programma di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo nel 2017, è stato per Save the Children Italia di 1,2 milioni di euro, finanziato da donatori privati.

Mediterranea Saving Humans, una delle poche rimaste in azione, nel 2019 con la Mare Jonio ha già salvato 200 persone e avrebbe dovuto pagare oltre un milione di euro, cifra ben lontana dal bilancio a disposizione. Oscar Camps, fondatore della spagnola Proactiva Open Arms, scrive su Twitter: “Salvini vuole una multa di 5mila euro per ogni vita salvata in mare. Il governo spagnolo da 200mila a 900mila euro per la navigazione nella zona di ricerca e soccorso.

Bisognerà ampliare il tribunale dell’Aia. Non ci sarà spazio per giudicare tutti i responsabili”, alludendo all’idea di portare in giudizio i politici per crimini contro l’umanità. L’affermazione di Camps è sostanziata dai dati forniti ieri dall’Unhcr. “È necessario rafforzare la capacità delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo”, dichiara Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Alto commissariato delle Nazioni unite, che ha definito il naufragio di venerdì al largo della costa tunisina “uno dei peggiori incidenti verificatisi nel Mediterraneo negli ultimi mesi”.

Mentre l’agenzia Onu sottolinea l’emergenza umanitaria e le ong denunciano la nuova aggressione finanziaria messa in atto dal ministero dell’Interno, nel governo il decreto sicurezza bis è nuovo terreno di scontro tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. “Non vorrei che il nuovo decreto sicurezza fosse l’ennesima iniziativa per coprire il caso Siri e per coprire quello che è successo sulla corruzione in queste tre settimane – dice il leader 5Stelle – perché all’interno non vedo grandi novità sui rimpatri, che sono oggi il tema centrale per l’immigrazione”.

La prima reazione dell’alleato di governo è netta. “Per me il decreto sicurezza andrà in Consiglio dei ministri per l’approvazione la settimana prossima”, dice Salvini, che poi rilancia il suo cavallo di battaglia: “Spero che non ci siano nostalgici dei porti aperti in Parlamento e al governo. Perché i porti con me rimangono chiusi”. Nel pomeriggio Salvini rincara: “Se uno è deluso, proponga qualcosa”. Ma nel frattempo una nota del Viminale assicura che c’è “piena sintonia e condivisione degli obiettivi” con il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi: i due proprio ieri, viene evidenziato dal ministero, hanno risposto alla richiesta di Salvini di “un’azione comune del governo per nuovi accordi bilaterali finalizzati anche al rimpatrio dei clandestini”. Dall’opposizione il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, attacca il governo: “Questo decreto con la sicurezza non c’entra nulla, non la si garantisce facendo le multe a chi salva un essere umano in mare. Salvini e Di Maio nella rincorsa a chi la spara più grossa hanno passato il segno”.

Che di recente il ministro dell’Interno, nella sua ricerca di popolarità a buon mercato, potrebbe essersi spinto troppo oltre con i suoi violenti attacchi al terzo settore sembra confermato anche dal trend (non in calo) delle donazioni alle ong. Le organizzazioni italiane, a partire dal maggio 2017, hanno subìto una campagna denigratoria rispetto alle operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, tesa a minare la loro credibilità. Si temeva che ciò avrebbe influito sulla fiducia dei cittadini e sulla raccolta fondi, visto che per esempio Msf ne raccoglie il 100 per cento, in Italia, da donazioni private. Invece i dati riferiti al 2016-2017, quando l’attacco è cominciato, mostrano che, in un campione omogeneo di 68 organizzazioni, il trend di crescita delle donazioni è dell’11,43 per cento.

Sorgente: La rivolta delle Ong | Rep

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