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LA POPOLAZIONE DI AFRIN DICE “NO” AL MURO PER ANNETTERLA ALLA TURCHIA

(Gianni Sartori)

 

Già da alcune settimane Erdogan & C. hanno intrapreso la costruzione di un muro per annettere la regione di Afrin (nel nord della Siria) alla Turchia.

Il muro, alto mediamente tre metri, si va allungando per ben 70 chilometri allo scopo di inglobare la maggior parte della regione curda per isolarla dal territorio siriano.

Ufficialmente realizzato per “proteggere” l’area dalla guerriglia curda, in realtà dovrà fornire protezione ai gruppi islamisti – alleati di Ankara – qui ormai stabilmente insediati. Non solo. Rappresenterà il suggello definitivo del cambiamento demografico (eufemismo per “pulizia etnica”) in atto.

Ma la popolazione non sembra volersi rassegnare. Infatti dall’annuncio della costruzione numerose manifestazioni di protesta si sono svolte in Rojava. Particolarmente numerosa e combattiva quella del 12 maggio nella cittadina di Amude (centro amministrativo del cantone di Cizir) contro l’occupazione turca avviata più di un anno fa in totale violazione del Diritto internazionale.

Nel suo intervento Selva Sileman, copresidente del Consiglio popolare di Amude, ha sottolineato che “così come proseguono le pratiche di espulsione e di sterminio utilizzate dalle truppe di occupazione turche e dai loro alleati jiadisti in Afrin, ugualmente prosegue, sotto gli occhi indifferenti del mondo intero, la costruzione illegale del muro”.

I manifestanti portavano in corteo le foto delle vittime civili – centinaia – provocate dall’attacco dell’esercito turco (soprattutto tra gennaio e e marzo 2018).

Altri ostentavano striscioni e cartelli molto espliciti: “Abbasso lo stato turco!”; “La determinazione delle donne fermerà l’occupazione”; “No alla guerra!”.

Gianni Sartori

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