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NdR foto d’archivio nuovaresistenza

Lo scontro commerciale tra Cina e Stati Uniti è salito di livello. Dopo il via libera di Trump ai nuovi dazi contro i prodotti cinesi, la possibilità di una guerra commerciale a tutto campo sembra diventata più concreta. Ma a differenza del passato, la vera partita tra Washington e Pechino non riguarda solo le tasse sul commercio: più della soia, delle auto o dei computer, è il ruolo della Cina nel finanziamento del deficit americano ad essere entrato prepotentemente in gioco. Un’analisi del Sole 24 Ore dei dati sulla consistenza del portafoglio di T-bond americani in mano cinese conferma infatti non solo il ruolo giocato da Pechino (e dai governi alleati) nel fallimento tecnico di due aste di Titoli di Stato la scorsa settimana, ma l’esistenza di una manovra ben più vasta e insidiosa sul debito (e sui tassi) degli Stati Uniti.

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Nella settimana appena conclusa, infatti, il conto di Tesoreria dei governi stranieri presso la Federal Reserve è sceso inaspettatamente di 670 milioni di dollari a 3,06 miliardi, provocando più di un nervosismo alla leadership americana: su quel conto, la parte del leone la fa la Cina, primo creditore degli Usa e primo finanziatore della politica del deficit spending di Donald Trump. Per i mercati (ma non solo), quei saldi non sono affatto occasionali: più la Casa Bianca alza la posta nello scontro commerciale e valutario con Pechino, più il governo cinese toglie il denaro dal banco. Senza proclami, e senza che nessuno se ne accorga. Salvo la Fed e il Tesoro, ovviamente.

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Per rendersene conto, basta prendere le tabelle del Tesoro Usa sulla distribuzione del debito americano per Paese straniero: in 12 mesi (febbraio 2018-febbraio 2019), la Cina ha ridotto da 1.176 miliardi a 1.130 miliardi di dollari il portafoglio di T-Bond americani, con una progressione a dir poco impressionante. I dati sull’evoluzione del portafoglio straniero di bond Usa in marzo e aprile 2019 saranno comunicati giovedì prossimo, quindi l’attesa è altissima. Un nuovo calo potrebbe far esplodere anche la tensione sul fronte commerciale pregiudicando le possibilità di un accordo in extremis. Anche per questo, sono in molti a ritenere che trovare un’intesa sia urgente per entrambe le parti. E soprattutto, per gli Stati Uniti, dove la politica di Trump ha portato il rapporto tra deficit e Pil al record del 4,5%: finanziare il debito a basso costo è imperativo e il ruolo delle istituzioni estere è determinante.

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In realtà, i grafici e i dati mostrano che dal 2015 le banche centrali sono state, in media, venditori netti di titoli del Tesoro e obbligazioni, al ritmo del -19% per ogni nuova asta. La liquidazione del portafoglio del Tesoro della Fed, relativo ai programmi di liquidità straordinario, che di solito è finanziato da un ulteriore aumento di obbligazioni, non aumenta il capitale del debito, ma è un vero e proprio killer del flusso di cassa per il governo degli Stati Uniti.

Diversamente dagli anni precedenti al 2015, l’aumento delle nuove emissioni di obbligazioni e obbligazioni è ora un gioco a somma zero e finanziato dalla riallocazione di altri mercati delle attività o da un aumento della leva finanziaria. Il cambiamento strutturale nel finanziamento del mercato del Tesoro si sta verificando in un momento non favorevole mentre i deficit stanno aumentando. I mercati stanno appena iniziando a sentire questo effetto.

Sorgente: Guerra dei dazi, l’arma della Cina è la fuga dai Bond americani

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