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Governo verso le Europee, storia di una crisi (illustrata)

Siri «licenziato» e alleati litigiosi. Così Giannelli, Osho e Disegni raccontano la complicata vita dell’esecutivo in vista delle elezioni

di Fabrizio Roncone

In questa pagina, il racconto in satira della peggior settimana da quando Matteo Salvini e Luigi Di Maio firmarono quel famoso contratto di governo.
Hanno litigato.
Litigano.
Litigano di brutto.
Ogni giorno un’accusa tremenda, un lugubre sospetto, una minaccia. In tivù, oppure uscendo da Palazzo Chigi. Salvini anche mentre divora uno dei suoi panini con maionese, salame e cetriolini, in divisa da agente della polizia ferroviaria.
Motivo ufficiale del mischione: il Movimento 5 Stelle chiede le dimissioni del sottosegretario leghista ai Trasporti Armando Siri, indagato a Roma per corruzione dentro un’inchiesta sull’eolico, dentro il sospetto d’una tangente da 30 mila euro di cui si parla in una intercettazione che puzza di mafia.
Di Maio: «Salvini? Di lui mi fido, meno di chi gli sta vicino». Allusioni sgradevoli. Tutti abbiamo capito: i grillini stavano andando ai materassi. La conferma, dal premier Giuseppe Conte. Di solito soft, diplomatico, la voce come un soffio. Invece dalla Cina dice: «Se Siri dovesse restare incollato alla poltrona, troverò il modo di scollarlo». Sabato 27 aprile, tardo pomeriggio.
Sì, hanno deciso di darsele come si deve. Salvini: «Le Province servono». Di Maio: «No, sono poltronifici». Trascurano le nuove fidanzate, Matteo ha attacchi di fame nervosa e ingrassa, a Luigi si chiude lo stomaco, entrambi pensano solo a come finire sulle prime pagine con toni da campagna elettorale sfrenata (martedì 30 aprile devono però cedere spazio all’emiro Abu al Baghdadi, il capo dell’Isis, che non si faceva vedere da cinque anni: ma anche il Capitano si rende conto).
Qualche ora, e riprendono a litigare. Persino sullo stupro di Viterbo, per il quale vengono arrestati due camerati di CasaPound. Salvini: «Castrazione chimica!». Di Maio: «È un errore». Da alcuni sondaggi si intuisce che gli italiani cominciano ad averne abbastanza di Casa Vianello. E però, sul serio: Di Maio e Salvini, ormai, non si salutano nemmeno più (i rispettivi staff hanno l’incarico di non farli incrociare).
I litigi avvengono via agenzia. Salvini: «Si sciacqui la bocca chi ci avvicina a Cosa Nostra». Siri viene comunque interrogato tre ore da Giuseppe Conte in persona. Poi Siri esce e ha un crollo: «Non possono scaricarmi così». Fa il modesto: «L’ho inventata io la flat tax». È molto provato e nessuno ha il coraggio di ricordagli che, nel 2014, patteggiò una condanna a un anno e otto mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta.
C’è un’atmosfera drammatica che vira, a tratti, in farsa.
Così Alessandro Di Battista annuncia: «In caso di elezioni anticipate, sono pronto a candidarmi nuovamente» (negative le ultime esperienze: per scrivere reportage esotici ci vuole talento; per fare il falegname, oltre al talento, ci vuole pure un po’ di sudore).

Sorgente: corriere.it

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