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(Gianni Sartori)

Risale a pochi mesi fa una relazione con cui Human Rights Watch denunciava l’esistenza in Cina di un innovativo “sistema di sorveglianza di massa” denominato Integrated Joint Operation Platform.

Da tempo ampiamente utilizzato dalla polizia nella provincia del Xinjang, IJOP funziona come raccoglitore di informazioni attinte a svariate fonti. In primo luogo dalle videocamere di sorveglianza (anche notturna, con riconoscimento facciale e utilizzo di infrarossi) posizionate in luoghi ritenuti strategici (supermercati, scuole, luoghi del tempo libero, abitazioni di esponenti religiosi…).

Classificata come “strumentazione mobile per smartphone android”, viene utilizzata per localizzare, identificare e segnalare indirizzi, numeri telefonici, password… (e quant’altro circoli in rete) di PC e smartphone.

Stando a uno studio dell’azienda tedesca Cure53 (specializzata in cybersicurezza),

le informazioni raccolte con l’applicazione IJOP avrebbero lo scopo – principalmente – di “individuare i comportamenti sospetti”. Tuttavia non sono solamente le attività illegali ad essere indagate. Infatti l’app analizza anche i titoli dei libri consultati dagli internauti, i loro consumi elettrici e di carburante, targhe automobilistiche, opinioni politiche e religiose, tenore dei rapporti con il vicinato, viaggi e relazioni all’estero. Oltre- ovviamente- all’eventuale utilizzo dei cosiddetti “programmi sleali” ossia messaggi e VPN (Virtual Private Network, Rete virtuale privata) cifrati per impedire l’identificazione degli utilizzatori. Fino al punto di controllare se per entrare e uscire da casa propria si utilizza la porta principale o una secondaria (non si hanno invece notizie su come venga classificato l’eventuale uso della finestra, sicuramente una aggravante). Alquanto sospetto viene poi considerato il fatto di non possedere o non utilizzare lo smartphone.

In genere l’allarme scatta non appena un soggetto sembra cambiare atteggiamento o comunque quando interviene un fatto anomalo, non previsto. Per esempio se la persona che fa il pieno a una pompa di benzina risulta non essere l’intestatario dell’auto. Al momento sarebbero 36 i principali comportamenti classificati come “sospetti” nell’ambito delle normali attività quotidiane. Comportamenti assolutamente legali, ma comunque in grado di allertare le forze dell’ordine.

Vi sentite osservati? No!?! Fate male, a mio parere.

Gianni Sartori

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