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Il sindaco sospeso di Riace sollevato dalle accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo la Cassazione

Il sindaco sospeso di Riace sollevato dalle accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo la Cassazione “mancano indizi di frode”

La Corte di Cassazione ha scagionato il sindaco di Riace, Mimmo Lucano. Come si legge nei documenti, non vi sono indizi di comportamenti fraudolenti che il sindaco avrebbe materialmente posto in essere nella raccolta di rifiuti a due cooperative sociali. Le delibere e gli atti di affidamento dei servizi comunali sono stati adottati con collegialità e con i prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato. Non c’è stata opacità nelle procedure e, al contrario, è proprio la legge che consente l’affidamento diretto di appalti in favore delle cooperative sociali finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.

Viene smentita anche l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina tramite matrimoni combinati: l’accusa “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”. Rimane aperta solo la questione della sua compagna Lemlem, che avrebbe protetto dal rimpatrio, ma in questo caso la Cassazione sottolinea l’attenuante della relazione affettiva tra i due. Spetta ora al tribunale di Reggio Calabria l’eventuale annullamento del divieto di dimora a Riace imposto al sindaco.

Nei mesi scorsi, l’affaire Riace era diventato la concretizzazione di una battaglia ideologica tra chi è favorevole all’accoglienza e chi si ispira a principi sovranisti. I primi vedevano nel piccolo paesino calabrese, un tempo in stato di abbandono e oggi rinato socialmente ed economicamente grazie alla presenza di immigrati, la prova che la buona integrazione esiste. I secondi avevano invece fatto un all in sul processo in corso, in quell’opera di criminalizzazione dell’accoglienza passata nello stesso periodo dalle ong. Le accuse a Mimmo Lucano sarebbero la prova che quello dei migranti è un business, dicevano. E invece, come sottolinea oggi la magistratura, il sindaco di Riace non ha intascato un euro dalla sua opera di accoglienza, non ha favorito l’immigrazione clandestina e non ha truffato le procedure legali nell’affidamento dei servizi comunali.

Il ministro dell’interno Matteo Salvini in estate aveva definito Mimmo Lucano “uno zero”. Quando in autunno il sindaco era stato arrestato, aveva esultato sulle sue bacheche social e dal palco dei suoi comizi: “Ora cosa dicono Saviano e i buonisti?”. Verrebbe da chiedersi cosa dice lui ora, dal momento che la notizia dello scagionamento di ieri non è stata accompagnata da alcuna dichiarazione da parte del leader del Carroccio. Ma d’altronde ci eravamo abituati. Negli ultimi tempi abbiamo assistito ai caroselli mediatici da parte del Ministro ogni volta che si apriva un’inchiesta nei confronti di questa o di quella ong. Silenzio assoluto quando poi ognuno di questi processi si è risolto con l’archiviazione perchè il reato non sussisteva. Ma d’altronde quello che importa non è l’esito del processo, quanto il processo stesso.

In un paese dove la presunzione di innocenza sembra ormai un principio giudiziario obsoleto, l’apertura delle indagini nei confronti del Mimmo Lucano o della ong di turno è sufficiente per propagandare il messaggio dell’odio, al di là di come poi si risolveranno queste indagini. Le sentenze hanno ormai perso di valore, nell’era dei tribunali social.

A rompere il silenzio delle ultime ore ci ha comunque pensato lo stesso Mimmo Lucano. “Io sono l’ultimo, sono debole, ma sono pronto a difendermi nel processo e non dal processo. Salvini che è così forte ha invece avuto paura a farsi processare”, ha dichiarato il sindaco, riferendosi al caso Diciotti. In effetti, chi come il Ministro dell’Interno faceva il processo alle intenzioni e leggeva come una condanna definitiva quella che era solo un’apertura di indagini nel caso di Riace o delle ong, è anche chi per mesi ha dichiarato di avere la coscienza a posto e di essere pronto a farsi processare per il caso dei porti chiusi. E che poi si è nascosto dietro l’immunità parlamentare.

Oggi scopriamo, anzi abbiamo conferma, che Riace era effettivamente un modello di accoglienza legale. Era, perché dopo l’apertura delle indagini abbiamo assistito a un accanimento politico e mediatico su questa piccola realtà calabrese. In molti se ne sono andati e Riace rischia di ritrasformarsi in quel villaggio semi-abbandonato di venti anni fa. In paese da qualche tempo è tornato il silenzio, quello di un’anima ferita. Diverso dal silenzio ipocrita del Ministro dell’Interno e di chi, come lui, oggi dovrebbe chiedere scusa. E, come da copione, non lo fa.

 

Sorgente: Scagionato Mimmo Lucano, che diranno ora i sovranisti dal tweet facile? – Wired

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