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42° Anniversario della fondazione del PMLI

di Giovanni Scuderi*

In Italia viviamo in un regime capitalista neofascista progettato, a cavallo del 1975 e del 1976, dal cosiddetto “Piano di rinascita democratica” della P2 di Licio Gelli, lanciato nel settembre del 1979 da Bettino Craxi, allora segretario nazionale del PSI, attraverso l’editoriale dell’“Avanti!” dal titolo “Grande riforma”, e attuato in gran parte dai governi di “centro-destra” di Berlusconi e dai governi di “centro-sinistra” di Prodi, di D’Alema e di Renzi.

L’avvento del governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio ha rafforzato, incarognito e imbarbarito questo regime soprattutto riguardo al razzismo, al trattamento dei migranti, alla “legittima difesa”, alla repressione delle masse in lotta, colpendo in particolare i promotori di picchetti, blocchi stradali e ferroviari, occupanti di abitazioni ed edifici, al sostegno alla famiglia “naturale” e al patriarcato, alla disparità dei sessi, all’omofobia, alla xenofobia, alla copertura e alla protezione dei gruppi neofascisti e neonazisti. I palliativi del “reddito di cittadinanza” e di “quota cento” non sono sufficienti per farlo apparire come il “governo del cambiamento e del popolo”.

In realtà questo regime e questo governo dimostrano di essere assolutamente incapaci di liberare il Paese dalla disoccupazione, dalla miseria, dalla povertà, dalle disuguaglianze sociali, dalle disuguaglianze territoriali con il Sud alla deriva, dalle mafie che dilagano e si impadroniscono di sempre più città e regioni, dalla corruzione che ha ghermito persino la capitale d’Italia amministrata dalla giunta pentastellata di Virginia Raggi.

Questo regime e questo governo, che chiaramente fanno esclusivamente gli interessi della classe dominante borghese, vanno abbattuti se vogliamo dare spazio alla democrazia, alla giustizia sociale, al cambiamento reale della società. Ma senza illudersi che sostituendo un governo di destra con un governo di “sinistra” si possa cambiare questo regime. Come dimostra la storia ultradecennale governativa italiana. Perché questo regime, cioè la vigente seconda repubblica che ha cancellato la Costituzione del ’48 introducendovi nuovi articoli di destra antidemocratici, è stato voluto sia dai partiti della destra sia da quelli della “sinistra” borghese.

Attualmente sono in campo importanti e apprezzabili movimenti antigovernativi, antifascisti, antirazzisti, antimafiosi, antisecessionisti regionali, femminili, studenteschi, ambientalisti ma le direzioni riformiste, parlamentariste ed elettoralistiche non consentono loro di uscire da questo sistema e dai confini costituzionali. Al massimo possono arrivare a creare dei nuovi governi locali, regionali e centrale più avanzati ma sul piano democratico borghese.

Bisogna quindi creare una nuova situazione storica, politica e organizzativa che tagli fuori tutti i partiti, i leader e i politicanti che sostengono, in un modo o in un altro, questo regime e che si faccia carico di costruire una mentalità, un comportamento, una mobilitazione e un’alleanza rivoluzionarie tra tutte le forze e i singoli combattenti che ambiscono a una nuova società.

Un compito che possono svolgere solo i marxisti-leninisti che costituzionalmente sono anticapitalisti, antifascisti e antirazzisti e votati a realizzare il socialismo e a guidare il proletariato alla conquista del potere politico. Un compito non facile e realizzabile in un breve periodo perché i revisionisti, i riformisti e i falsi partiti comunisti hanno fatto terreno bruciato al socialismo e completamente decomunistizzato, deideologizzato e derivoluzionarizzato le masse popolari, a cominciare dal proletariato che si è così venuto a trovare in una fase pre-marxista, cioè senza la coscienza di essere una classe per sé, che invece aveva conquistato grazie al lavoro scientifico di Marx ed Engels, poi proseguito da Lenin, Stalin e Mao.

Le nuove avanguardie delle masse in lotta devono acquisire questo concetto fondamentale: Non c’è futuro, non c’è giustizia sociale se non si abbatte il capitalismo e il potere della borghesia e non si conquista il socialismo e il potere politico del proletariato. Mentre il proletariato, la classe delle operaie e degli operai, deve prendere coscienza che gli spetta di diritto il potere politico poiché produce l’intera ricchezza del Paese, che è l’unica classe capace di sradicare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e le cause economiche che generano le classi, le guerre imperialistiche, il fascismo, il razzismo, le disuguaglianze sociali, le ingiustizie sociali, la disoccupazione, la povertà, le disparità territoriali, la cultura e la morale borghesi fondate sull’individualismo, l’egoismo, l’arrivismo, il carrierismo, l’arricchimento personale, il predominio dell’uomo sulla donna, la violenza maschile sulla donna e di genere, l’omofobia, la xenofobia, la sopraffazione del più forte economicamente sul più debole, la corruzione.

Il proletariato è dunque chiamato dalla storia dell’umanità e dall’attuale situazione politica a lottare strenuamente per la conquista del socialismo e del potere politico. Come ha indicato la Terza Internazionale, di cui il 2 marzo è ricorso il Centenario, “La conquista del potere politico da parte del proletariato significa l’annientamento del potere politico della borghesia. La conquista del potere politico non significa soltanto un cambiamento della compagine ministeriale, ma l’annientamento dell’apparato statale del nemico… La vittoria del proletariato sta nel distruggere l’organizzazione del potere avversario e nell’organizzazione del potere proletario; sta nella distruzione del meccanismo statale borghese e nella costruzione della macchina statale proletaria” (Piattaforma dell’Internazionale Comunista approvata nel suo primo Congresso).

È quanto avevano già scritto Marx ed Engels nell’Indirizzo del Comitato centrale della Lega del marzo 1850: “È nostro interesse e nostro compito render permanente la rivoluzione, sino a che tutte le classi più o meno possidenti non siano scacciate dal potere, sino a che il proletariato non abbia conquistato il potere dello Stato, sino a che l’associazione dei proletari, non solo in un paese, ma in tutti i paesi dominanti del mondo, si sia sviluppata al punto che venga meno la concorrenza tra i proletari di questi paesi, e sino a che almeno le forze produttive decisive non siano concentrate nelle mani dei proletari. Non può trattarsi per noi di una trasformazione della proprietà privata, ma della sua distruzione, non del mitigamento dei contrasti di classe, ma della abolizione delle classi; non del miglioramento della società attuale, ma della fondazione di una nuova società”.

Naturalmente, da qui alla conquista del potere politico da parte del proletariato, davanti a noi abbiamo tanta strada da fare, e tutta in salita e piena di insidie, ma abbiamo la forza, la volontà, la determinazione, l’entusiasmo e l’ottimismo rivoluzionari per percorrerla fino in fondo, confidando nell’apporto dei nuovi militanti, specie dei più giovani, che via via si uniranno al PMLI in questa titanica impresa.

Intanto serriamo i ranghi, miglioriamo il lavoro politico, ideologico, organizzativo, sindacale e giornalistico per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso, ricerchiamo le alleanze necessarie, pratichiamo una larga politica di fronte unito, fermi però sui principi, per combattere e buttar giù il governo Salvini-Di Maio; per delegittimare attraverso l’astensionismo di principio l’UE imperialista che va distrutta e con quello tattico le giunte dei comuni e delle regioni che si creeranno con le elezioni del 26 maggio; per abrogare la legge Fornero e il Jobs Act; per il ripristino dell’articolo 18; per le pensioni a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne; per i diritti delle donne e delle persone Lgbtqia+; per combattere il disegno di legge Pillon; per opporsi alle grandi opere inutili a cominciare dalla TAV, per l’ambiente e il clima: mettendo sempre al centro delle nostre battaglie immediate il lavoro, l’aumento dei salari e delle pensioni basse e medie, la casa, lo sviluppo del Mezzogiorno, che per noi è la prima questione nazionale. Dobbiamo batterci strenuamente contro l’“autonomia differenziata”, che oltre a minare l’unità del Paese nuocerebbe gravemente al Mezzogiorno.

Il nostro auspicio è che le operaie e gli operai, che non sopportano più di essere sfruttati e oppressi dal capitalismo e che lottano in prima linea per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse lavoratrici, e le ragazze e i ragazzi, che in numero sempre crescente scendono in piazza preoccupati per il loro futuro, siano i primi e i più pronti a valutare, e far propria, la proposta strategica del PMLI, che il 9 Aprile festeggia il suo 42° compleanno tenendo ben alte le bandiere rosse del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, del socialismo e della rivoluzione proletaria.

Firenze, 2 Aprile 2019

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* Segretario generale del PMLI

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