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Roma, 14 aprile 2019 – Un neoassunto ogni quattro dipendenti che, a parità di salario, lavorano un giorno in meno alla settimana. È questa la formula attorno alla quale stanno lavorando in casa grillina per utilizzare la dote del reddito di cittadinanza come strumento per ridurre l’orario di lavoro. E così il “Lavorare meno, lavorare tutti“, l’antico slogan della sinistra, politica e sindacale, europea, rilanciato qualche giorno fa dal presidente grillino dell’Inps, Pasquale Tridico, potrebbe e dovrebbe diventare in breve tempo un vero disegno di legge targato 5 Stelle, con l’avallo del ministro del Lavoro Luigi Di Maio.

Dunque, l’uscita del professore (regista e ispiratore del reddito di cittadinanza) che ‘sussurra’ le regole del lavoro al capo politico del Movimento fin dal cosiddetto decreto Dignità, non è stata casuale. Dietro c’è tutta un’elaborazione fondata ampiamente sulle tesi e sulle proposte di Piergiovanni Alleva, professore giuslavorista, di sinistra-sinistra, consigliere regionale dell’Emilia-Romagna, anche lui fin dall’anno scorso consigliere informale del vice-premier e dello stesso Tridico. Tanto che, proprio la settimana scorsa, ha inviato al neo-presidente dell’Inps un articolato progetto che costituisce uno dei dossier alla base del disegno di legge in cantiere.

 

L’assunto di Alleva è indicato nero su bianco nella relazione che accompagna la proposta. “L’incentivazione pubblica costituita dal reddito di cittadinanza – spiega il professore – va intelligentemente utilizzata in modo, per così dire, ‘indiretto’ o ‘di sponda’: occorre destinare un importo equivalente a quello del reddito di cittadinanza – che quel disoccupato/inoccupato avrebbe percepito – a quattro lavoratori, già occupati, i quali volontariamente accettino di ridurre la loro settimana lavorativa da cinque a quattro giornate, così ‘aprendo uno spazio’ per l’assunzione di quel disoccupato/inoccupato e guadagnando per sé un giorno libero in più alla settimana”.

 

In sostanza, i 780 euro mensili del singolo sussidio verrebbero utilizzati per finanziare un bonus Irpef a favore dei quattro lavoratori che accettano la riduzione di orario: il nuovo lavoratore verrebbe assunto con contratto di apprendistato e, dunque, con un costo del lavoro per l’impresa basso. Ma non è finita. Nel caso la compensazione fiscale dovesse essere insufficiente (per stipendi più elevati di 1.300 euro netti) o l’assunzione dovesse riguardare un disoccupato senza reddito di cittadinanza, la proposta Alleva ipotizza il finanziamento dell’operazione e delle compensazioni attraverso il canale del welfare aziendale sotto forma di buoni-acquisto da spendere in strutture convenzionate della Grande distribuzione organizzata.

La soluzione Alleva non contempla obblighi di riduzione dell’orario per legge, ma si basa, invece, su un sistema di incentivazione di accordi tra sindacati e imprese. “Lo strumento negoziale da usare per questa operazione – insiste il professore – è il contratto di solidarietà espansiva», che è previsto da uno dei decreti attuativi del Jobs Act, ma che, fino a oggi, è rimasto solo sulla carta, perché sindacati e imprese non hanno convenienza a stipularli. Con le risorse del reddito e del welfare aziendale, però, il livello di convenienza salirebbe. Parola di un comunista non certo pentito, diventato suggeritore dei grillini, che si rifà alla massima cinese «non importa di che colore sia il gatto, l’importante è che prenda i topi”.

Sorgente: Piano Di Maio: incentivi per lavorare meno

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