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11.04.2019 | Il dispositivo che ha cambiato le nostre vite è solo il primo passo verso la totale integrazione tra uomo e macchina.

Se un alieno, con la sua navicella, sorvolasse qualche nazione occidentale e osservasse gli esseri umani, penserebbe che gli smartphone siano parte integrante del nostro corpo. Non ci sarebbe da stupirsi: gli adulti utilizzano attivamente i loro dispositivi mobili circa 4-5 ore al giorno (cifra raddoppiata dal 2014 a oggi). Un tempo lunghissimo, ma spezzato in una miriade di brevi intervalli di tempo: i millennials controllano i loro smartphone oltre 150 volte al giorno; una ogni dieci minuti.

Al di là dei possibili risvolti negativi di un uso così frequente dei dispositivi mobili, quel che è certo è che oggi viviamo costantemente immersi in un mondo digitale. La situazione è radicalmente cambiata rispetto a quando, solo pochi anni fa, la nostra dotazione informatica era limitata a un computer fisso o anche portatile; oggi lo smartphone ci permette di vivere contemporaneamente nel mondo reale e nel mondo digitale, in qualunque momento e ovunque ci troviamo. Facciamo shopping mentre siamo in metropolitana, mandiamo mail di lavoro mentre siamo in spiaggia, chattiamo con amici per organizzare la cena della settimana prossima anche se, in quel momento, ci troviamo a migliaia di chilometri di distanza da loro.

Da questo punto di vista, l’avvento dello smartphone ha dato il via ai due processi più importanti del nostro tempo: la fusione tra mondo fisico e mondo digitale e quella tra tecnologia e corpo umano. Un processo appena iniziato e che impiegherà anni, se non decenni, per giungere a compimento; ma che fa sì che già oggi non abbia più alcun senso la dicotomia “vita online” e “vita vera” – essendo entrambe ugualmente reali nelle loro differenze – e che ha portato un filosofo come Luciano Floridi, docente di Filosofia dell’Informazione a Oxford, a teorizzare il concetto di “onlife”.

Il mondo fisico e quello digitale, rigidamente separati ai tempi dei computer fissi e delle connessioni casalinghe, si stanno rapidamente fondendo. Nonostante l’enorme impatto che ha avuto sulla società, lo smartphone costituisce solo la prima tappa del tragitto che porterà la tecnologia a essere sempre più incorporata nell’essere umano, rendendo gradualmente indistinguibili i due livelli (reale e digitale) sui quali la nostra vita scorre.

Ma se gli smartphone sono solo la prima tappa, quali sono le prossime? Da questo punto di vista, il rapido sviluppo degli smartglasses è un chiaro segnale del percorso intrapreso dall’innovazione tecnologica. Indossando questi visori e grazie alla realtà aumentata, il mondo digitale si sovrappone a ciò che osserviamo con i nostri occhi.

L’esempio più semplice per capire come funziona questa sovrapposizione è quello dei navigatori satellitari: grazie alla realtà aumentata, alla diffusione del 5G e agli smartglasses, le indicazioni stradali saranno proiettate dal visore nel nostro campo visivo e integrate con l’ambiente (un primo esempio si può vedere già oggi grazie ai navigatori sperimentali di Alibaba che mostrano le indicazioni direttamente sul parabrezza). Le indicazioni, quindi, saranno visibili anche mentre noi guardiamo la strada; assieme a tutte le altre segnalazioni utili.

Ma le applicazioni dei visori  vanno molto oltre i GPS e devono essere in larga parte ancora immaginate: pensate per esempio a un libretto delle istruzioni dei mobili Ikea che non sia più di carta, bensì una guida digitale che, grazie ai visori, si sovrappone direttamente al mobile che state montando, spiegandovi, in tempo reale, i passi da seguire (uno strumento che sarebbe estremamente utile per chi di lavoro esegue riparazioni e montaggi). Allo stesso modo, un chirurgo potrebbe approfittare di questo strumento per eseguire operazioni particolarmente delicate visualizzando ogni singolo passo da compiere in presa diretta. Nel settore della cultura, il visitatore di una città d’arte potrà beneficiare enormemente di queste innovazioni: quando osservate un monumento, il vostro visore riconoscerà ciò che state guardando e proietterà direttamente davanti ai vostri occhi tutte le informazioni e le curiosità relative a esso.

Le notifiche dei social network e delle mail appariranno davanti ai vostri occhi e interagiremo con il nostro dispositivo usando la voce

A tutto questo si aggiungono le funzioni base degli occhiali smart: le notifiche dei social network e delle mail appariranno davanti ai vostri occhi; interagiremo con ciò che compare sui visori (messaggi, ordinazioni, ricerche sul web, ecc.) non più digitando, ma dialogando con il nostro assistente virtuale; i giochi saranno degli ologrammi, mentre video e fotografie diventeranno ancora più pervasivi (come anticipato anche dagli Spectacles di Snapchat) e creeranno un flusso non stop di informazioni in presa diretta.

Tutto ciò dovrebbe diventare realtà in tempi brevi, come dimostra il fatto che il primo prototipo funzionante di un visore destinato al mercato di massa è stato svelato già nel febbraio 2018 ed è adesso disponibile per i pre-ordini. Dopo sei anni di video virali e 2 miliardi di dollari raccolti in finanziamenti, Magic Leap – startup con base in Florida – ha finalmente mostrato al mondo il suo primo prototipo: il Magic Leap One, un sistema tecnologico per la realtà aumentata.

In breve, si tratta di un visore digitale alimentato da un piccolo computer di forma rotonda che si può appendere alla cintura. Pensate a tutte le cose che fate con il vostro smartphone: con questo sistema potrete agire direttamente nel vostro campo visivo. Se per visualizzare i Pokémon Go – il primo esempio di successo dell’utilizzo della realtà aumentata nel settore dell’intrattenimento – oggi bisogna posare gli occhi alternativamente sul mondo reale e sullo smartphone; con questi visori i due livelli della realtà saranno invece sovrapposti.

Il prototipo di Magic Leap One ha però sollevato qualche ironia: un paio di occhiali estremamente ingombranti, che ci costringono a circolare con un minicomputer attaccato alla cintola e a tenere sempre in mano una sorta di telecomando. Se qualcuno oggi andasse in giro conciato in questa maniera, si coprirebbe di ridicolo; ma questo è solo l’inizio: col passare del tempo, i visori diventeranno sempre più simili a normali occhiali; il minicomputer entrerà in tasca o sarà integrato direttamente nel visore e il telecomando potrebbe anche sparire, permettendoci di dare i comandi solo per via vocale o con i gesti.

Perché la realtà artificiale si diffonda davvero, però, manca ancora del tempo

Manca ancora del tempo affinché questa “realtà artificiale” – come l’ha definita l’ex CEO di Oculus, Brendan Iribe – si diffonda davvero; perché ci sarà bisogno di maggiore potere computazionale, di batterie resistenti e leggere e ovviamente di un intero ecosistema di applicazioni e strumenti che oggi sta appena iniziando a fare la sua comparsa. Una cosa però è certa: quando tutto ciò si concretizzerà, il nostro modo di lavorare, fare sport, comunicare e intrattenerci cambierà drasticamente. Un esempio di come potrebbe trasformarsi una pratica quotidiana come lo jogging la fornisce Kevin Kelly nel suo libro L’Inevitabile (Il Saggiatore, 2018):

Inforco gli occhiali per la realtà aumentata mentre corro all’aperto. Il percorso è dritto davanti a me e posso vedere in sovraimpressione tutte le misurazioni del mio allenamento, come per esempio il battito cardiaco e lo stato del mio metabolismo in tempo reale. Posso anche visualizzare le ultime annotazioni virtuali sui posti in cui passo. Sui miei occhiali vedo una nota su un tragitto alternativo che un mio amico ha fatto quando ha percorso questa stessa strada un’ora prima e vedo anche delle annotazioni storiche associate a un paio di punti di riferimento che sono state lasciate dal club di storia locale di cui sono membro. Un giorno potrei anche provare l’applicazione per il riconoscimento degli uccelli, che associa un nome a quelli che vedo mentre corro nel parco.

È evidente come i visori in realtà aumentata rappresentino un passaggio cruciale del processo di fusione del mondo fisico con quello digitale, grazie alla capacità di rendere questa unione frictionless, priva cioè di quella frizione tra i due ambienti che contraddistingue le applicazioni AR degli smartphone e che sono, oggi come oggi, la loro più grande limitazione. Il processo, se avranno successo le sperimentazioni che già oggi stanno conducendo realtà come Samsung e non solo, si completerà con l’introduzione delle smart contact lens; dotate di tutte le funzionalità degli smart glasses ma con l’ingombro delle lenti a contatto. Almeno in questo caso, però, si tratta di un futuro ancora molto lontano.

Sorgente: Le macchine Volanti | Il futuro dopo gli smartphone

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