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Tutto congelato fino alle Europee. Poi, in base ai risultati, si deciderà come e se portare avanti il dossier del federalismoasimmetrico. Luigi Di Maio, quando lo ripete ai suoi, è sempre meno convinto: spiega che non si può bloccare il processo dell’autonomia differenziata, che si perderebbero consensi al Nord e che Matteo Salvini avrebbe gioco facile nei confronti del M5s ricordando che il nuovo regionalismo fa parte del contratto di governo.

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PER USCIRE DALL’IMPASSE IL M5S SPERA NEL “NEMICO” TRIA

Ma nell’inner circle del vicepremier pentastellato sperano – per uscire dall’impasse – in un intervento del “nemico” Giovanni Tria: sono convinti che quando il ministro dell’Economia andrà in parlamento con le simulazioni che avrebbe già realizzato per lui la Ragioneria dello Stato, non potrà affermare che il nuovo assetto è a costo zero. Anzi, un trasferimento di risorse e di gettito verso alcune Regioni potrebbe costringere lo Stato centrale a spendere almeno 3 miliardi di euro per la perequazione verso i territori più deboli.

DOPO LE EUROPEE SALVINI RILANCERÀ IL DOSSIER

Questo è il sentiment nel mondo grillino. Ma, come ha spiegato il capo, nessuno lo dice per non prestare il fianco agli alleati di governo. Eppure, dopo le Europee quando la Lega di Salvini sarà diventata il primo partito del Paese, non sarà sufficiente mettere la testa sotto la sabbia come accade ora. È facile ipotizzare che il Capitano rilancerà il dossier, anche per rispondere alle pressioni che gli arrivano dai governatori del Nord.

 

In quest’ottica i 5 stelle avrebbero già delineato una strategia di massima per rispondere all’offensiva del Carroccio, che passa per nuovi paletti al processo referendario. Una strategia più di natura procedurale che di merito: spiegano infatti dal Movimento che al momento non è stata scritta alcuna bozza di proposte per modificare le intese firmate dal ministro alle Autonomie Erika Stefani e i governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Anzi, si spera che quei documenti siano la base di partenza della discussione, anche perché difficilmente applicabili visti gli alti costi.

LA STRATEGIA DI CONTENIMENTO DI DI MAIO

Così, al momento, ci si accontenta di una strategia di contenimento: i pentastellati avrebbero inviato alla Lega soltanto delle indicazioni di massima per scandire il processo: la commissione paritetica tra Stato e Regioni che deve attribuire le modalità di attribuzione dei nuovi finanziamenti agli enti locali, quindi anche dei poteri, dovrà essere composta da tutti i rappresentanti dei ministeri interessati e non da tecnici nominati da Stefani. I fabbisogni e i costi standard vanno calcolati da un ente terzo come la commissione tecnica per i fabbisogni standard che dall’inizio della legislatura aspetta la nomina del suo presidente dopo le dimissioni del dem Luigi Marattin. Ogni discussione deve essere preceduta dalla definizione dei Lep (i livelli essenziali delle prestazioni), dal calcolo della spesa delle Regioni e soprattutto da un nuovo schema di perequazione. Per quanto riguarda la modalità per stabilire fabbisogni e costi standard, i grillini respingono l’idea leghista di utilizzare come principale benchmark il gettito raccolto sul territorio. Il rischio è che chi paga più tasse, avrà in futuro più trasferimenti. Allo stesso modo deve saltare il principio dell‘invarianza fiscale per i territori che otterranno maggiori poteri. Territori che, stando alle bozze firmate da Stefani, non vedono intaccato il loro residuo fiscale, sia se lo Stato centrale diminuisce le tasse sia che le aumenti.

Sorgente: I paletti del M5s all’autonomia differenziata

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