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L’organo giurisdizionale ha stabilito che per presentare i propri candidati al voto del 23-26 maggio sarà sufficiente dimostrare di far parte di un partito europeo che abbia almeno un rappresentante in Parlamento, anche se non necessariamente iscritto a un gruppo diverso da quello misto

Casapound e Forza Nuova ammesse alle elezioni europee senza aver dovuto raccogliere le 30.000 firme di legge. Il Partito Comunista di Marco Rizzo, idem. Ma il collegamento al “partito politico europeo”, previsto da una sentenza della Cassazione e dal Ministero dell’Interno, non c’è. O meglio, si tratta di sigle nazionali legate a confederazioni cui non corrisponde uno dei gruppi politici uscenti iscritti al Parlamento di Bruxelles, bensì solo singoli deputati iscritti al gruppo misto oppure alle grandi famiglie politiche. È destinata a far discutere la decisione della terza circoscrizione elettorale della Corte di Appello di Roma. Queste sigle – stando ai sondaggi – difficilmente raggiungeranno il quorum del 4% per eleggere rappresentanti in Europa, ma potrebbero rosicchiare voti decisivi a forze politiche “affini” che lottano sul filo dei consensi, tutto a vantaggio dei big della politica italiana. Un cortocircuito che potrebbe scattare, dunque, dopo il voto del 26 maggio.

La legge del 1979 – La questione è in punta di diritto. La Corte d’Appello ha deciso sulla base della legge 18 del 1979, dove all’articolo 12 comma 4 si legge che “nessuna sottoscrizione è richiesta per i partiti o gruppi politici che nell’ultima elezione abbiano presentato candidature con proprio contrassegno ed abbiano ottenuto almeno un seggio al Parlamento europeo”. E ancora: “Nessuna sottoscrizione è richiesta, altresì, nel caso in cui la lista sia contraddistinta da un contrassegno composito, nel quale sia contenuto quello di un partito o gruppo politico esente da tale onere”. Tradotto: per non dover raccogliere le firme bisogna essere collegati ad un parlamentare europeo uscente e bisogna comunque inserire la sigla di quel partito nel simbolo da presentare per dimostrare l’affiliazione. Fino al 2014, la legge veniva interpretata in stretto riferimento ai partiti nazionali.

Il ricorso dei Verdi – Alla vigilia della passata tornata elettorale, i Verdi italiani presentarono ricorso in Cassazione e vinsero, riuscendo a dimostrare il naturale collegamento con l’European Green Party, fra i principali gruppi presenti a Bruxelles. Il 18 aprile 2014, l’ufficio elettorale della Suprema Corte si pronunciò affermando che “qualsiasi partito politico nazionale che dimostri – mediante presentazione di un simbolo ‘congiunto’ – di essere associato a (e riconosciuto da) un partito politico europeo rappresentato nell’attuale Parlamento europeo deve essere considerato esente” dalla raccolta firme. Pochi giorni prima, il 9 aprile 2014, l’allora deputato Pino Pisicchio aveva ottenuto l’approvazione di un ordine del giorno – citato nella sentenza n. 2/2014 della Cassazione – in cui si chiede l’estensione della legge 18/1979 “anche a quelle forze o partiti politici che sono affiliati a partiti europei costituiti formalmente in gruppo presso il Parlamento europeo”.

Le istruzioni del Viminale – Il Ministero dell’Interno come ha interpretato il concetto di “partito politico europeo rappresentato nell’attuale Parlamento”? Specificando nelle “istruzioni per la presentazione e l’ammissione delle candidature” che il partito deve dimostrare “il collegamento concordato (o affiliazione) con un partito politico europeo rappresentato nel Parlamento europeo con un proprio gruppo parlamentare”. In sintesi: bisogna presentare non solo il collegamento con un partito politico europeo, ma anche con il gruppo presente a Bruxelles. Attraverso, ad esempio, “il pagamento, da parte della forza politica nazionale, delle quote associative al partito o gruppo politico europeo”. Era il caso dei Verdi, dunque, legati ai Verdi Europei, o di Rifondazione Comunista, parte integrante della Sinistra Unitaria Europea.

L’ammissione dei Comunisti di Rizzo – Non lo era, invece, per il Partito Comunista. La formazione di Marco Rizzo fa parte del movimento transnazionale Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa, che al Parlamento europeo è rappresentato da due deputati del Kke greco, iscritti al gruppo misto. Questi ultimi hanno concesso a Rizzo l’affiliazione e il Pc ha inserito la sigla del Kke nel proprio simbolo. A quel punto, la Corte d’Appello di Roma ha reputato fosse sufficiente l’interpretazione in senso stretto della legge 18/1979. “La legge parla chiaro: è sufficiente dimostrare il collegamento con un solo parlamentare eletto in Italia o in Europa”, ha detto all’agenzia Agi il presidente dell’Ufficio elettorale circoscrizionale, Tommaso Picazio. Nel provvedimento non è citata la sentenza della Cassazione, che interpreta la “ratio” della legge italiana parlando di “esigenza che i partiti politici che presentano proprie liste alle elezioni per il Parlamento europeo godano di una comprovata rappresentatività”.

Casapound e Forza Nuova a cascata – Rappresentatività che, a questo punto, potrà essere garantita anche da un solo parlamentare. La sentenza ha spalancato le porte della corsa europea anche a Casapound e Forza Nuova. La tartaruga frecciata, associata alla Aenm (Alleanza Europea dei Movimenti Nazionalisti) si è legata all’ungherese Béla Kovacs, mentre i neofascisti di Roberto Fiore sono membri dell’Alleanza per la Pace e la Libertà di cui è rappresentante a Bruxelles Jean-Marie Le Pen, padre di Marine. Tutti “partiti europei”, in senso stretto, vero, ma non rappresentati “formalmente” da gruppi corrispondenti, bensì da singoli parlamentari indipendenti.

Sorgente: Europee, ok alle liste dei Comunisti di Marco Rizzo senza firme. Precedente che apre a Casapound e Forza Nuova – Il Fatto Quotidiano

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