E il vicepremier Di Maio sulla lettera del comandante generale dei carabinieri alla famiglia di Stefano, pubblicata in esclusiva di Repubblica: “Grazie al generale Nistri, la sua è una condotta esemplare”. Stamattina la testimonianza del carabiniere imputato per omicidio davanti alla prima Corte d’assise di Roma nel processo ai cinque carabinieri: “Chiedo scusa alla famiglia e agli agenti della penitenziaria”. Il vicebrigadiere: “La mia nota venne cancellata, ero terrorizzato”. L’Arma è pronta alla svolta: “Ci costituiremo parte civile”
di MARIA ELENA VINCENZI
“La lettera, umana e autorevole, del comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, proprio a Ilaria Cucchi rappresenta a mio avviso una condotta esemplare da parte di un vero uomo delle istituzioni, che non ha mai cercato consensi né notorietà”: così ha scritto oggi su Facebook il vicepremier Luigi di Maio, precisando: “Un messaggio, il suo, che è ben lungi dal poter essere interpretato come un’Arma “contro” i Carabinieri e che io, invece, considero un grande passo avanti dello Stato. Grazie, generale Nistri, per il suo gesto”.
Alle parole di Di Maio seguono quelle del presidente del Consiglio Conte che da Milano annuncia a nome deò governo che “Il ministero della Difesa è favorevole a costituirsi parte civile nel processo per la morte di Stefano Cucchi”.
Stamattina intanto è iniziata così al processo Cucchi-bis la deposizione davanti alla Corte d’Assise del carabiniere Francesco Tedesco, il supertestimone che ha rivelato a nove anni di distanza che Stefano, 31 anni, venne ‘pestato’ da due suoi colleghi Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo, imputati come lui di omicidio preterintenzionale: “Chiedo scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria, imputati al primo processo. Per me questi anni sono stati un muro insormontabile”. .
L’udienza del processo presso la prima Corte d’Assise di Roma
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Francesco Tedesco racconta il pestaggio di Stefano Cucchi
L’imputato-superteste ha raccontato le fasi del pestaggio di Stefano Cucchi nella caserma della compagnia Casilina la notte del suo arresto a Roma, il 15 ottobre del 2009, dopo essersi rifiutato di sottoporsi al fotosegnalamento. “Al fotosegnalamento – racconta Tedesco – Cucchi si rifiutava di prendere le impronte, siamo usciti dalla stanza e il battibecco con Di Bernardo è proseguito. Mentre uscivano dalla sala, Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Poi lo spinse e D’Alessandro diede a Cucchi un forte calcio con la punta del piede all’altezza dell’ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: ‘Basta, finitela, che cazzo fate, non vipermettete’. Ma Di Bernardo proseguì nell’azione spingendo con violenza cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbattè anche la testa. Io sentii il rumore della testa, dopo aveva sbattuto anche la schiena. Mentre Cucchi era in terra D’Alessandro gli diede un calcio in faccia, stava per dargliene un altro ma io lo spinsi via e gli dissi a ‘state lontani, non vi avvicinate e non permettetevi più. Aiutai Stefano a rialzarsi, gli dissi ‘Come stai?’ lui mi rispose ‘Sono un pugile sto bene’, ma lo vedevo intontito”.
Le annotazioni sparite di Tedesco sul pestaggio
Il vicebrigadiere Tedesco ci aveva provato a parlare, invano. “Non era facile denunciare i miei colleghi. Il primo a cui ho raccontato quanto è successo è stato il mio avvocato. In dieci anni della mia vita non lo avevo ancora raccontato a nessuno”. Poi aggiunge: “Ho scritto una annotazione il 22 ottobre parlando dell’aggressione ai danni di Cucchi e della telefonata a Mandolini ma non che era stato Nicolardi a consigliarmi di fare questa relazione”.
“Ho fatto due originali delle mie annotazioni – ha aggiunto – sono andato in questo archivio al piano di sotto della caserma. Ho protocollato un foglio scrivendoci ‘Cucchi annotazione’, poi ho preso i due fogli e li ho messi nel registro per la firma del Comandante, di colore rosso, che poi era destinata all’autorità giudiziaria. L’altra copia era destinata alla ‘piccionaia’, come la chiamavamo in gergo, dove conservavamo tutti gli atti dell’anno corrente”.
Poi Tedesco ha spiegato: “Non dissi nulla di questa cosa a nessuno, pensavo di essere convocato da solo. Invece nei giorni successivi andai nel registro e vidi che nella cartella mancava la mia annotazione. Mi sono reso conto che erano state cancellate due righe con un tratto di penna”.
Ilaria Cucchi in Aula
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Processo Cucchi: il verbale già pronto da firmare
“Quando arrivammo alla caserma Appia in ufficio il verbale era già pronto e il maresciallo Roberto Mandolini (imputato per calunnia) mi disse di firmarlo. Cucchi non volle firmare i verbali”. E ha spiegato: “Mentre stavamo in auto per rientrare alla caserma Appia Cucchi era silenzioso, si era messo il cappuccio e non diceva una parola, chiedeva il Rivotril”.
Subito dopo avere assistito all’aggressione di Cucchi, Tedesco ha testimoniato di avere chiamato l’allora capo della stazione Appia, Roberto Mandolini (imputato per calunnia), e “gli dissi cosa era successo. Mandolini mi chiese ‘Come sta?’. Io replicai: ‘Dice che sta bene ma è successo questo, questo e questo. Cucchi – ha proseguito tedesco- sentì quella telefonata perchè lo avevo sotto braccio. Quindi salii dietro sul defender con lui, mentre Di Bernardo e D’Alessandro stavano davanti. Cucchi non disse una parola, teneva la testa abbassata, io ero turbato e lui era sotto shock più di me”.
Invece Di Bernardo e D’Alessandro (imputati per omicidio preterintenzionale) “erano tranquilli, non erano spaventati più di tanto. Non erano preoccupati della telefonata che avevo fatto a Mandolini e mi dicevano: ‘Non ti preoccupare parliamo noi con Mandolini’.Arrivati alla stazione Appia, Mandolini chiamò D’Alessandro e Di Bernardo, io stavo con Stefano Cucchi, che era ancora stordito anche se cominciava a parlare un pochino con me”
Mandolini poi chiamò me e Cucchi, disse: ‘Fateli venire che bisogna fermare il verbale d’arrestò. Presi il verbale e mi disse: ‘Firmalo che tra un paio d’ore devi andare in tribunale. Io lo firmai senza nemmeno leggere. Con me mandolini faceva sentire il grado, se dovevo entrare in ufficio io dovevo chiedere permesso, se lo facevano D’Alessandro e Di Bernardo no. Cucchi non voleva firmare il verbale di perquisizione nè il verbale d’arresto”.
“Dire che ebbi paura è poco – ha raccontato Tedesco – Ero letteralmente terrorizzato. Ero solo contro una sorta di muro. Sono andato nel panico quando mi sono reso conto che era stata fatta sparire la mia annotazione di servizio, un fatto che avevo denunciato. Ero solo, come se non ci fosse nulla da fare. In quei giorni io assistetti a una serie di chiamate di alcuni superiori, non so chi fossero, che parlavano con Mandolini. C’era agitazione. Poi mi trattavano come se non esistessi. Questa cosa l’ho vissuta come una violenza”.
Le minacce di Mandolini al carabiniere Tedesco
“Prima di andare dal pm per essere sentito dissi a Mandolini ‘ma ora cosa devo fare?’ e lui mi rispose ‘non ti preoccupare, ci penso io, devi dire che (Cucchi, ndr) stava bene. Devi seguire la linea dell’arma se vuoi continuare a fare il carabiniere”. E ha sottolineato il vicebrigadiere Tedesco: “Ho percepito quella minaccia come tanto seria- ha aggiunto- e poi vedevo i colleghi tranquilli”.
Il pm Giovanni Musaró ha fatto anche molte domande sul silenzio durato anni. “Quando ho letto il capo di imputazione per questo processo – ha detto il vicebrigadiere – c’era esattamente quello che io avevo visto con i miei occhi. Ci ho pensato e ho capito che non riuscivo più a tenermi questo peso”. Dunque la scelta di fare la denuncia che, insieme alla relazione di servizio sparita, é ciò che lo rende credibile.
“Per me è la vittoria umana di una persona che per anni ha cercato di poter raccontare i fatti ma le pressioni subite glielo hanno impedito”, ha detto l’avvocato Eugenio Pini dopo l’esame del suo assistito, il carabiniere Francesco Tedesco. “Da ora ci si deve ricordare e tenere ben presente – ha aggiunto Pini – che quando si parla del famoso muro di gomma, non solo questo bisogna riferirlo alle persone che dall’esterno hanno cercato di conoscere la verità ma anche a chi da dentro ha cercato di raccontarla. Tedesco è una persona che, avendo difeso Cucchi durante il mancato fotosegnalamento e il pestaggio, ha dimostrato di volere salvaguardare e preservare la vita umana”
“Dopo dieci anni di menzogne e depistaggi in quest’aula è entrata la verità raccontata dalla viva voce di chi era presente quel giorno”, ha detto Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano. “Sentivo il carabiniere Tedesco descrivere come è stato ucciso mio fratello – ha aggiunto Ilaria – e il mio sguardo cercava quello dei miei genitori che ascoltavano raccontare come è stato ucciso il loro figlio. E’ stato devastante, ma a questo punto quanto accaduto a Stefano non si potrà mai più negare”.
Processo Cucchi, il carabiniere Tedesco: “Chiedo scusa, ma ero solo contro un muro”
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La lettera del generale Nistri alla famiglia Cucchi
Clamore anche per la svolta raccontata da Repubblica sul caso Cucchi: il comando dei carabinieri è pronto a costituirsi parte civile. E il generale Giovanni Nistri ha scritto una lettera alla famiglia Cucchi.
“Mi creda – scrive il generale – e se lo ritiene lo dica ai suoi genitori, abbiamo la vostra stessa impazienza che su ogni aspetto della morte di Suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi ha mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà”.
E poi affronta l’onta che l’Arma porta nell’omicidio di Stefano: Comprendiamo l’urgenza e la necessità di giustizia, così come lo strazio di dover attendere ancora. Ma gli ulteriori provvedimenti, che certamente saranno presi, non potranno non tenere conto del compiuto accertamento e del grado di colpevolezza di ciascuno. Ciò vale per il processo in corso alla Corte d’Assise. E ciò varrà indefettibilmente anche per la nuova inchiesta avviata dal Pubblico Ministero nella quale saranno giudicati coloro che oggi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere”.
Il processo ai cinque carabinieri del caso Cucchi Sono cinque i carabinieri alla sbarra nel procedimento bis in corso davanti alla prima Corte d’Assise: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Tedesco e rispondono di omicidio preterintenzionale. Tedesco risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto di Cucchi e calunnia insieme al maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne eseguito l’arresto. Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, è accusato di calunnia con gli altri due, nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso della prima inchiesta sul caso.
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Maria Elena Vincenzi@MEvincenzi
Il carabiniere Tedesco: “Quando ho letto nel capo di imputazione che la caduta di Cucchi ne ha determinato la morte, non sono più riuscito a tenermi questo peso” #Cucchi
#Cucchi Il pm al carabiniere Tedesco: “Ha influito nella sua decisione di parlare aver letto il capo di imputazione in cui la mandavo a giudizio per l’omicidio preterintenzionale di Stefano?”. “Si. In quel momento capii che non riuscivo più a tenermi dentro questo peso”.
#Cucchi ll pm Musaró al carabiniere Tedesco: “Perché ha aspettato nove anni a parlare”. “Perché ero in una morsa. Dopo essere stato costretto a mentire pensavo che nessuno mi avrebbe creduto”
#Cucchi Il carabiniere Tedesco: “Il maresciallo Mandolini mi disse: se vuoi continuare a fare il carabiniere devi seguire la linea dell’Arma. Devi dire che Stefano stava bene”.
“Qualche giorno dopo, io ero a casa, in ferie, e D’Alessandro e Di Bernardo mi chiamarono per dirmi: fatti i cazzi tuoi, mi raccomando a te”. Così Tedesco in Corte d’Assise. #Cucchi
#Cucchi E in aula di Corte di Assise il carabiniere Tedesco racconta cosa è stato il muro di omertà nell’Arma che doveva convincerlo che non c’era spazio per la verità.
Altri otto carabinieri sono indagati nel fascicolo sui presunti depistaggi sul caso, e rispondono di reati che vanno dal falso, all’omessa denuncia, la calunnia e il favoreggiamento. Si tratta del generale Alessandro Casarsa, che nel 2009 era alla guida del gruppo Roma, il colonnello Lorenzo Sabatino, ex capo del Reparto operativo della capitale, Massimiliano Labriola Colombo, ex comandante della stazione di Tor Sapienza, dove Cucchi venne portato dopo il pestaggio, Francesco Di Sano, che a Tor Sapienza era in servizio quando arrivò il geometra, Francesco Cavallo all’epoca dei fatti capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma, il maggiore Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti Montesacro, Tiziano Testarmata, ex comandante della quarta sezione del nucleo investigativo, e il carabiniere Luca De Ciani.