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Non si aspettano imboscate, ma l’assemblea nazionale dem di domenica 17 marzo è un primo test del clima nel nuovo Pd che vuole Nicola Zingaretti. Gli oltre 1.000 delegati eletti con il congresso o dai parlamentari sono chiamati a incoronare all’Hotel Ergife di Roma il segretario uscito dalle primarie con il 66% e scegliere il presidente del partito, il tesoriere e la direzione (un centinaio di membri).

LA TREGUA CONCESSA DA RENZI A ZINGARETTI

In pectore per la seconda e la terza carica ci sono Paolo Gentiloni e Luigi Zanda, rispettivamente, designati dal leader, non senza malumori della minoranza sul “metodo“. Malumori che rispecchiano la posizione di Matteo Renzi, pronto a concedere una tregua a Zingaretti dal fuoco amico ma non un assegno in bianco a lungo termine. Nei prossimi giorni sarà definita la segreteria con i vice. L’ex premier Gentiloni, 64 anni, non dovrebbe avere problemi a prendere il posto di Matteo Orfini: lo voterà non solo la maggioranza, ma anche le due componenti che hanno sostenuto la candidatura di Maurizio Martina, gli ex renziani doc di Luca Lotti e Lorenzo Guerini e i martiniani propriamente detti. I primi come gesto di apertura di credito a Zingaretti, i secondi per l’unità del partito sempre proclamata.

 

Anche su Zanda, 76 anni, senatore ed ex capogruppo a Palazzo Madama, non si annunciano barricate, nonostante alcuni pensassero a proteste. Ma i numeri sono inattaccabili. Ad astenersi saranno, comunque i delegati di Roberto Giachetti e Anna Ascani, con il loro 12-13% congressuale, sempre vicini a Renzi. Resta la partita per la composizione della direzione e quella per i posti di vicepresidente. Per la prima, dominata dai sostenitori del segretario, si scontreranno per la minoranza lottiani e martiniani, con i secondi decisi a far valere «la pari dignità tra le esperienze» che hanno promosso la mozione. Ma Lotti e Guerini, grandi protagonisti della fase renziana, sono ossi duri e hanno ancora truppe consistenti.

 

Il leader di un tempo Matteo Renzi continua a proclamare l’intenzione di non colpire, ora, Zingaretti con il “fuoco amico” del quale si è sempre sentito vittima da segretario. «Lavoriamo per il Pd», dice il senatore fiorentino. Analoga promessa da Giachetti e Ascani, che con Ivan Scalfarotto – coordinatore dei Comitati civici di Renzi – e Luciano Nobili hanno animato la mozione renziana ortodossa e ora si considerano «sentinelle del riformismo» nel partito dem. L’ex rottamatore non è atteso in assemblea, a causa di impegni familiari. Lo stesso vale Graziano Delrio. Un iscritto da poco più di un anno, ma molto attivo, Carlo Calenda, esorta a superare la «guerra per bande» nel Pd. All’assemblea nazionale la prima verifica.

Sorgente: Zingaretti alla prova dell’assemblea nazionale del Pd

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