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Per Bankitalia la Ue bloccò l’intervento del Fondo di tutela dei depositi per le 4 banche. Ma una lettera della Commissione del novembre 2015 indica la soluzione nell’uso di uno schema «volontario» del Fitd. Che appena un mese dopo era pronto per risolvere lo stop su Tercas

Uno scontro duro e un rimpallo di responsabilità senza precedenti, quello tra la Commissione Ue e Bankitalia sul caso Tercas e sulle quattro banche. Ma se la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager aveva torto nel 2015, come ha sancito ieri la Corte Ue, non sembra avere del tutto torto oggi quando dice che la decisione di mandare le quattro banche in risoluzione sia stata presa da Bankitalia e non fu una conseguenza del parere della Commissione su Tercas.

Falso, replica Bankitalia: è stata la posizione assunta dalla Commissione Ue alla fine del 2015 a rendere impraticabile l’intervento preventivo di risanamento da parte del Fidt, come era avvenuto nella gestione delle crisi in passato, anche con riferimento alle quattro banche.

La corrispondenza tra Roma e Bruxelles

Solo che ricostruendo la vicenda, Bankitalia cita l’interlocuzione tra Mef e Commissione e fa riferimento esplicito alla lettera che il 19 novembre, a ridosso del decreto sulla risoluzione, Vestager e il commissario responsabile dei servizi finanziari, Jonathan Hill, scrivono a Padoan. La lettera è nota dal dicembre 2015, quando venne resa pubblica da Reuters.

La lettera di Vestager e Hill del 19 novembre 2015 si conclude con l’indicazione che gli uffici della Commissione hanno «già fornito le linee guida» al Mef sulle modalità con le quali l’intervento «privato» può essere strutturato.

In quella lettera, secondo la ricostruzione di Bankitalia, viene formalizzata l’opposizione all’utilizzo del Fondo di tutela dei depositi (Fitd) in quanto gli «interventi preventivi dei Fondi obbligatori (…) non sarebbero mai praticabili qualora qualificabili come aiuti di stato». In realtà, la stessa lettera dice anche un’altra cosa. Dice che qualora l’intervento dello schema di tutela dei depositi venisse classificato come «puramente privato», nulla impedirebbe il suo intervento e non farebbe scattare l’applicazione della Brrd e dunque la risoluzione. Di fatto, quello che i due commissari dicono è che uno schema «volontario» all’interno del Fondo di tutela avrebbe potuto intervenire. La lettera si conclude con l’indicazione che gli uffici della Commissione hanno «già fornito le linee guida» al Mef sulle modalità con le quali questo intervento può essere strutturato.

Lo schema «volontario» è pronto

E la prova che questa strada – uno schema volontario del Fondo di tutela – non avrebbe incontrato ostacoli a Bruxelles arriva un mese dopo, proprio sul caso Tercas. Il 23 dicembre, quando arriva lo stop della Commissione ribaltato ieri dalla Corte Ue, il Mef ha già pronta la soluzione: uno schema volontario del Fitd.

A dicembre 2015, il Mef scrive che «la Commissione europea ha più volte suggerito che gli interventi, diversi dal rimborso dei depositanti siano posti in essere tramite meccanismi volontariamente costituiti dal sistema bancario nazionale»

Nel documento, il Mef scrive che «la Commissione europea ha più volte suggerito che gli interventi, diversi dal rimborso dei depositanti, che essa ritiene preclusi al Fondo di garanzia dei depositi, siano posti in essere tramite meccanismi volontariamente costituiti dal sistema bancario nazionale», scrive il Mef. «Questo tipo di soluzione, che è quella che il Fitd e il sistema bancario hanno apprestato per porre rimedio alla decisione della Commissione sul caso Tercas, essendo totalmente volontaria esula completamente dalla verifica di compatibilità con il regime europeo degli aiuti di Stato». Come dicevano Vestager e Hill il 19 novembre.

Tempo e soldi

Ricapitolando: l’Italia poteva intervenire anche sulle quattro banche, non direttamente con il Fondo di tutela, come ipotizzato a più riprese nella «interlocuzione» con Bruxelles per almeno un anno e mezzo. Ma con uno sche volontario dello stesso fondo come farà appena un mese per ovviare allo stop, annunciatissimo, sull’operazione Tercas – Popolare Bari.

La domanda, più che «Chi ha ragione tra Vestager e Bankitalia», diventa dunque «Perché non è stato attivato lo schema volontario del Fitd un mese prima anche per le quattro banche?».

Dopo un anno e mezzo di interlocuzioni a vuoto, non c’era più tempo per strutturare altre soluzioni. Banca Marche valeva da sola più delle altre tre insieme e aveva seri problemi di liquidità

Le risposte sono sostanzialmente due, entrambe in qualche misura vere. La prima è il tempo: le quattro banche valevano l’1% degli attivi del sistema bancario nazionale ma una, Banca Marche, valeva da sola più delle altre tre insieme. Era anche la malata più grave: commissariata da un anno e mezzo, aveva seri problemi di liquidità e rischiava di non aprire gli sportelli con conseguenze difficilmente stimabili sull’intero sistema. I tempi per il salvataggio, a metà novembre del 2015, erano strettissimi. La seconda, l’opposizione di alcune banche anche grandi, in quei mesi, a una contribuzione «volontaria» per i salvataggi, che avrebbe comportato ulteriori esborsi con in più lo schema di risoluzione europeo che sarebbe partito di lì a breve. Anche se la risoluzione è costata poi certamente più di un salvataggio preventivo: circa 5,5 miliardi, completamente a carico del sistema bancario e dei risparmiatori.

– Documento 1: la lettera di Vestager e Hill a Padoan del 19 novembre 2015 citata da Bankitalia

– Documento 2: il documento del Mef del 23 dicembre 2015 sul caso Tercas con la nascita dello schema volontario del Fitd

Sorgente: Tercas, Etruria e le altre: Bruxelles aveva torto nel 2015 ma Bankitalia omette qualcosa oggi – La Stampa

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