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Nel 63esimo anniversario dell’indipendenza, la Coalizione delle donne manifesta per le conquiste dello Stato laico e democratico. Parla anche il presidente Essebsi e si toglie qualche sassolino dalla scarpa

di Giuliana Sgrena

Il 63esimo anniversario dell’indipendenza tunisina è stato celebrato con due iniziative: quella istituzionale con il discorso del presidente della repubblica, Béje Caid Essebsi al Palazzo di Cartagine, l’altra in piazza organizzata «dalla Coalizione per le donne della Tunisia».

Essebsi – che probabilmente ha celebrato l’ultimo anniversario dell’indipendenza da presidente visto che quest’anno si terranno nuove elezioni presidenziali ed è facilmente prevedibile che, a 93 anni, non si ripresenterà – ha voluto togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

Dopo aver ribadito che la Tunisia è uno «Stato civile» come stabilito dalla costituzione, ha criticato il governo per il bilancio negativo degli ultimi tre anni: «Lo Stato dovrebbe contare sulle risorse naturali invece che sull’indebitamento estero». Ha criticato il capo del governo Youssef Chahed, inizialmente nominato proprio dal presidente ma che ultimamente è stato appoggiato dagli islamisti di Ennahdha, per aver effettuato un rimpasto senza averlo consultato, ricordando che il potere esecutivo è esercitato dal presidente della repubblica (come previsto dall’art. 71 della costituzione).

«I disaccordi politici non servono all’interesse della Tunisia, anzi complicano ulteriormente la situazione», ha ribadito Essebsi, perorando una revisione della costituzione per risolvere questi problemi, affermando di aver già pronto un progetto di emendamento alla Legge fondamentale.

L’attaccamento del popolo tunisino a uno Stato democratico, civile e moderno è ribadito anche nell’appello lanciato dalla «Coalizione per le donne di Tunisia», i cui obiettivi sono consolidare i fondamenti dello Stato civile e salvaguardare le conquiste della sanità e dell’istruzione pubblica.

Salute e scuola sono due temi caldi in Tunisia. Per difendere i quali la Coalizione aveva convocato ieri una manifestazione nella centrale Avenue Bourghiba: il colpo d’occhio offerto dalle foto rende benissimo l’immagine della Tunisia nata dalla rivoluzione del 2011, che deve essere difesa contro tutte le deviazioni.

Lo scorso 10 marzo si è dimesso il ministro della sanità Abderraouf Cherif, dopo che tra il 7 e l’8 marzo in un ospedale di Tunisi sono morti 11 neonati, si dice per shock settico, ma sull’accaduto è in corso un’indagine. «Si è sviluppata una medicina a due velocità – si dice nell’appello della Coalizione – una pubblica e una privata», alla quale naturalmente non possono accedere i meno abbienti.

E poi l’istruzione, con la diffusione di un «insegnamento parallelo, delle scuole che sono fuori dal controllo dello Stato». Il riferimento è alle scuole coraniche, dopo lo scandalo della madrasa di Regueb a Sidi Bouzid, dove sono stati commessi anche abusi sessuali su bambini, come ha rivelato un’indagine.

Non è l’unico caso, un’altra scuola coranica è stata chiusa a Fouchana, nel governatorato di Ben Arous, per finanziamenti illeciti. Nella perquisizione dei locali sono stati trovati libri per l’insegnamento «takfirista», che sta alla base della pratica jihadista.

Sorgente: Scuola e sanità, donne in piazza 63 anni dopo | il manifesto

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