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ROME, ITALY – JULY 05: Luca Zaia President of the Veneto Region intervenes at the demonstration against CETA, on July 5, 2017 in Rome, Italy. Protesters are demonstrating in Rome in front of the Italian Parliament against CETA, The Comprehensive Economic and Trade Agreement between Canada and the European Union. (Photo by Simona Granati – Corbis/Corbis via Getty Images)

“I primi nemici del Sud sono i meridionali che si oppongono all’autonomia…”. Come regione vogliamo solamente gestire le risorse che oggi lo Stato gestisce in Lombardia. Questo il senso delle parole del presidente lombardo Attilio Fontana su Rai Tre nella trasmissione Mezz’ora in più.

Poco prima la direttrice Lucia Annunziata sosteneva di non essere persuasa sul regionalismo differenziato. I meridionali fanno bene a non essere persuasi: lo dimostrano chiaramente il Professor Adriano Giannola, Presidente della Svimez, e il Professor Gaetano Stornaiuolo nel saggioUn’analisi delle proposte avanzate sul “federalismo differenziato” pubblicato sull’ultimo numero della Rivista Economica del Mezzogiorno.

Oggi il governo nazionale gestisce 751,9 miliardi di imposte e contributi sociali pagati dai cittadini italiani. Quei 751 miliardi si ridurrebbero di 190 miliardi. Il 25% di riduzione delle casse del governo nazionale quindi dello Stato. E 190 miliardi in più nelle casse di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Questo accadrebbe se passasse l’ipotesi di regionalismo differenziato sostenuta dalla regione Veneto, ovvero se ogni regione a statuto ordinario trattenesse sul proprio territorio il 90% del gettito riscosso nel proprio territorio delle imposte erariali (IRPEF, IRES e IVA).

In tabella è bene evidenziato come si arriva al valore di 190 miliardi in meno per la casse dello Stato. Come ricordato dal Professor Carlo Iannello sul sito Economia e Politica, la regione Veneto, dopo l’approvazione del referendum del 22 ottobre 2017, ha adottato una deliberazione il 15 novembre del 2017 che contiene una proposta di legge statale: ebbene secondo tale proposta il 90 per cento delle principali imposte erariali riscosse entro i confini amministrativi del Veneto dovrebbero restare alla regione.

Bene, qualora si applicasse tale proposta a ogni regione a statuto ordinario, per i cittadini delle tre regioni più ricche, veneti, emiliani e lombardi, ci sarebbero 190 miliardi in più. E ci sarebbero 190 miliardi in meno per i cittadini delle altre Regioni. Sarebbe la fine della scuola statale, della sanità statale e di qualunque politica del Governo su infrastrutture e sviluppo con una regia nazionale.

Considerata l’entità dell’ammanco che si verificherebbe nella casse dello Stato si pongono una serie di questioni politiche:

1) Perché nessun Presidente di Regione del Sud ha proposto un ricorso alla Corte Costituzionale contro ognuno dei tre accordi raggiunti con il Governo dalle Regioni Veneto, Emilia Romagna e Lombardia? Lo ha spiegato bene il professor Massimo Villone nella tavola rotonda organizzata da Articolo Uno alla quale ho partecipato con il direttore della Svimez Luca Bianchi e l’On. Federico Conte il 16 febbraio a Roma: secondo Villone, i Presidenti meridionali non si opporranno al regionalismo differenziato perché avranno più risorse da gestire direttamente tramite i governi regionali malgrado le risorse complessive sui territori delle regioni meridionali diminuiranno; concretamente meno risorse complessive gestite da Governo nazionale e regioni per i cittadini meridionali sui territori regionali del sud, ma più risorse gestite direttamente dalle regioni meridionali, ergo più potere diretto per i Presidenti, ergo nessuna opposizione dei Presidenti meridionali al regionalismo differenziato.

2) Come mai nessuno dei tre candidati (Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti) alle primarie del PD ha dichiarato di opporsi al regionalismo differenziato? Perché la trattativa sui tre accordi con le tre regioni ricche l’ha iniziata il Governo Gentiloni, perché il PD emiliano con il presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini guida la “secessione dei ricchi” con il presidente veneto Zaia e il presidente lombardo Fontana e perché il PD lombardo, con l’eccezione del sindaco di Milano Sala, concorda con la Lega.

3) Come mai solo nelle ultime settimane i Ministri M5S hanno mostrato contrarietà al regionalismo differenziato? Perché la secessione del ricco Nord, è l’unico vero obiettivo che ha consentito la sottoscrizione del contratto di Governo da parte di Lega e M5S e la nascita dell’esecutivo Conte. Lo ha spiegato bene Adriano Giannola.

Inoltre, poiché i due contraenti hanno asimmetriche capacità di analisi, poiché il ministro Erika Stefani è stata tecnicamente molto abile, solo nelle ultime settimane esponenti M5S al Governo hanno mostrato contrarietà al regionalismo differenziato. Vediamo come si arriva al valore dei 190 miliardi in meno per il Governo nazionale analizzando la tabella elaborata da Giannola e Stornaiuolo nel loro saggio. La Svimez ha elaborato i dati del 2015 dell’Agenzia per la Coesione Territoriale riportati dai CPT (Conti Pubblici Territoriali).

Svimez

Nelle colonne numero 1, 2, e 3 è rappresentata la situazione vigente, nelle colonne 4, 5 e 6 la situazione ex post proposta dalla Regione Veneto, e, nella penultima colonna la conseguente riduzione di 190 miliardi delle risorse amministrate dallo Stato nell’ipotesi proposta dal Veneto.

Vediamo analiticamente:

1) per la Lombardia nella situazione vigente la quota di risorse delle imposte e dei contributi sociali gestita dalle Amministrazioni Centrali è pari a 166,3 Miliardi; scenderebbe ex post nella situazione proposta dal Veneto a 59,97 miliardi, calando quindi di 106 miliardi; simmetricamente le risorse gestite dalla Regione Lombardia passerebbero da 10,27 a 116,6 miliardi: 106,3 miliardi in più!

2) per il Veneto nella situazione vigente la quota di risorse delle imposte e dei contributi sociali gestita dalle Amministrazioni Centrali è pari a 67,29 miliardi; scenderebbe ex post nella situazione proposta a 26,12 miliardi, calando quindi di 41,17 miliardi; simmetricamente le risorse gestite dalla Regione Veneto passerebbero da 6,37 miliardi a 47,54 miliardi: 41,1 miliardi in più!

3) per l’Emilia Romagna nella situazione vigente la quota di risorse delle imposte e dei contributi sociali gestita dalle Amministrazioni Centrali è pari a 69,36 miliardi; scenderebbe ex post nella situazione proposta dal Veneto a 26,32 miliardi, calando quindi di 43,03 miliardi; simmetricamente le risorse gestite dalla Regione Emilia passerebbero da 4,86 a 47,89 miliardi: 43,03 miliardi in più! Vediamo ora il senso politico di redistribuzione dai ricchi ai poveri contenuto nella proposta veneta.

Oggi i cittadini delle regioni ricche ricevono risorse e servizi pari ad un valore molto inferiore alle imposte e ai contributi sociali pagati nei loro territori poiché gran parte di quelle risorse finanziano il fondo perequativo erogato per le Regioni più povere.

Al contrario, nella situazione ex post proposta dal Veneto, la Lombardia avrebbe 106,32 miliardi in più, il Veneto 41,17 miliardi in più e l’Emilia Romagna 43 miliardi in più: in tutto 190 miliardi per veneti, emiliani e lombardi. Nel contempo mancherebbero 190 miliardi al governo nazionale: come potrà il Governo finanziare il fondo perequativo per le regioni più povere mancando 190 miliardi?

Per Giannola e Stornaiuolo, non potendo fare deficit, lo Stato ridurrà necessariamente le risorse per i servizi sanitari, sociali, culturali e le infrastrutture delle regioni più povere. Parliamo di una riduzione di 190 miliardi di imposte e contributi sociali a disposizione dello Governo nazionale su un valore complessivo attuale di 751 miliardi. Il 25% in meno. Rozzamente significa chiudere un’università, un ospedale o una scuola su 4 al Sud.

Sorgente: Per l’autonomia del Veneto Zaia sottrae 190 miliardi al bilancio dello Stato per Sud | L’Huffington Post

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