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Xi atterra a Roma. Macron invita all’incontro di Parigi Merkel e Juncker, ignorato Conte

L’ultimo ad essere accolto con altrettanta enfasi fu Barack Obama. Strade pattugliate, elicotteri in volo, città paralizzata. Da ieri a Roma c’è il nuovo padrone del mondo – o almeno quello che molti descrivono come tale – Xi Jinping. Domani il presidente (a vita) della Repubblica popolare cinese sarà a Villa Madama per firmare con il governo l’accordo sulla Via della Seta. L’Italia è primo Paese del vecchio club del G7 a sottoscriverlo, e agli americani la cosa non garba. L’hanno fatto da tempo altri quattro partner dell’Unione (Polonia, Ungheria, Grecia e Portogallo) e tanto basta al governo per tirare dritto con il sostegno di Sergio Mattarella. Stasera al Quirinale ci sarà una cena ufficiale senza l’imbarazzato Matteo Salvini, sempre più preoccupato di rassicurare l’alleato americano. Washington teme l’attivismo cinese, ma l’approccio di Pechino altro non è che l’altra faccia della politica estera di Donald Trump: se ciascuno pensa a firmare i patti più convenienti, inutile lamentarsi delle scelte altrui.

Il 28 e 29 marzo a Pechino atterrano il segretario al Commercio e il ministro del Tesoro Steve Mnuchin. E non per parlare di equilibri mondiali, ma per negoziare il raddoppio delle merci made in Usa su suolo cinese. La fine del multilateralismo rischia di diventare un problema serio per l’Europa, che con Pechino dovrebbe firmare un accordo commerciale. La questione ieri sera era all’ordine del giorno del vertice dei Capi di Stato convocato per discutere di Brexit. Di fronte alla debolezza dell’esecutivo europeo in scadenza, il dossier l’ha preso in mano il presidente francese Emmanuel Macron, che martedì attende all’Eliseo proprio Xi. Anche stavolta Roma è tenuta fuori dal desco: all’appuntamento Macron ha invitato a sorpresa la leader tedesca Angela Merkel e il numero uno della Commissione Jean-Claude Juncker, non il premier italiano.

Insieme all’accordo sulla via della Seta – poco più della promessa reciproca alla collaborazione in molti campi – a Villa Madama verranno firmati una quindicina di memorandum fra aziende italiane e cinesi. Dovevano essere di più – quasi il doppio – ma la polemica attorno alla visita ha consigliato a molte aziende un surplus di prudenza. Snam, Fincantieri, Sace, Danieli, Eni, Bracco, l’immancabile Cassa depositi e prestiti. Il numero uno Fabrizio Palermo, che è anche copresidente del «Business Forum Italia-China», firmerà un accordo per l’emissione di obbligazioni in remimbi. Li hanno chiamati «Panda-bond», verranno offerti a investitori istituzionali cinesi e serviranno a sostenere la crescita delle imprese italiane già presenti nell’impero del Sol Levante. Si dirà: niente meglio di questo può rassicurare chi teme l’opposto, ovvero la colonizzazione cinese dell’economia italiana. Eppure nell’Unione l’Italia è tuttora il quinto partner commerciale di Pechino dopo Germania, Gran Bretagna, Francia e Olanda. I soli tedeschi esportano verso la Cina più del triplo delle merci italiane.

Più che gli accordi in sé, a preoccupare gli americani sono le ricadute geopolitiche. I cinesi ci mettono un tanto di provocazione: sempre ieri hanno annunciato in pompa magna l’apertura a Roma di una filiale di «Deep Blue Technology», colosso cinese per l’intelligenza artificiale già presente a Berlino. Dopo aver consigliato di modificare alcune parti dell’accordo, Mattarella – che tratta l’atteggiamernto americano al pari di un’ingerenza – ha rilasciato una lunga intervista ai media cinesi per raccomandare investimenti in infrastrutture ma anche «trasparenza». Pechino vuol tornare ad essere alla testa del mondo, ma la strada è lunga: la nazionale del nuovo allenatore Fabio Cannavaro ieri ha perso uno a zero con la modestissima Thailandia.

Sorgente: L’Italia entra nella via della Seta. Le aziende firmano 15 accordi – La Stampa

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