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Tra le autorità che hanno bloccato a terra i 737 Max 8 in attesa di spiegazioni sulla strage, colpisce una grande assenza: quella degli Usa che si sono spinti a dichiarare sicuro quel velivolo, con grande sollievo in Borsa per la Boeing

di Federico Rampini

Piangere i morti; prevenire nuove tragedie. L’imperativo della sicurezza spinge tre governi e 22 compagnie aeree a bloccare a terra oltre un centinaio di Boeing 737 Max 8. È lo stesso modello di jet passeggeri caduto due volte: in Etiopia e cinque mesi prima in Indonesia, in circostanze terribilmente simili (subito dopo il decollo). Per la Boeing, il cui titolo crolla a Wall Street, è una giornata nerissima, inizialmente paragonabile all’11 settembre 2001 quando l’intero traffico aereo venne paralizzato. L’orrore e l’angoscia per il bilancio dei morti, gli interrogativi sulle cause del disastro si mescolano con una cinica realtà fatta di affari e geopolitica. Il mistero sulle cause dei due “incidenti gemelli” diventa subito materia di speculazione e strumentalizzazione, entra nel Grande Gioco della sfida tra superpotenze per il dominio del business aeronautico.

È davvero troppo presto per additare cause e responsabilità. Ci vogliono settimane e forse mesi perché i tecnici comincino a fare deduzioni dalla “scatola nera” con i dati di volo. Va scartato subito, però, il riflesso pavloviano del razzismo subconscio, che fa pensare: è accaduto in Paesi del Terzo mondo, nazioni emergenti che non hanno la stessa attenzione alla sicurezza di noi occidentali. Avendo viaggiato lungamente in Etiopia due mesi fa, e avendo volato più volte su Ethiopian Airlines, ho avuto conferma che è una compagnia moderna; non a caso si è conquistata una buona reputazione internazionale. Al di là della testimonianza singola, le performance di sicurezza erano buone prima di domenica.

Molti esperti ieri hanno ricordato l’allarme lanciato da un sindacato di piloti dopo il primo incidente, quello di ottobre al 737 Max 8 della Lion Air indonesiana.

L’associazione di comandanti avanzava il dubbio che il nuovo apparecchio della Boeing, una versione di 737 messa sul mercato solo due anni fa, abbia un’avionica (software informatico di pilotaggio automatico) per la quale certi piloti potrebbero non avere ricevuto l’addestramento adeguato.

L’attenzione è stata diretta al software che automaticamente dovrebbe prevenire uno “stallo” (posizione di massimo pericolo, generalmente seguita dalla caduta): quei programmi potrebbero essere attivati erroneamente, in seguito all’inserimento di dati imprecisi nell’informatica di bordo. Al momento questa rimane un’ipotesi e nulla di più.

Anche le congetture possono avere un impatto enorme, quando si è sotto lo shock per un disastro aereo con 157 morti, forse collegato ad un altro che ne fece 189 sei mesi fa. Il principio di precauzione ieri ha spinto le autorità governative per la sicurezza dei voli a proibire il decollo di tutti i 737 Max 8 in tre Paesi: all’Etiopia e all’Indonesia si è associata la Cina. In altri Paesi la decisione è stata presa in autonomia dalle compagnie aeree: per un totale di 22, che fino a ordine contrario non useranno più la flotta di 737 Max 8. L’impatto sul trasporto aereo è enorme. Quel modello di jet aveva conosciuto un successo unico nella storia, per la rapidità delle vendite: 4.000 apparecchi ordinati solo nei primi sei mesi dal lancio. Se il Boeing 737 esiste dagli anni Sessanta ed è di gran lunga il jet passeggeri più diffuso, l’ultimissima generazione di questa famiglia stava battendo nuovi record commerciali.

Ma se dovessero confermarsi i dubbi sulla sicurezza, sarebbe catastrofico: il trasporto aereo ha conosciuto una costante riduzione degli incidenti; la nostra tolleranza al rischio si è adeguata.

Colpisce una grande assenza, tra le autorità che hanno bloccato a terra i 737 Max 8 in attesa di spiegazioni sulla strage: la Federal Aviation Administration (Faa), cioè l’authority Usa che vigila sulla sicurezza nei cieli. Mentre da un lato mandava in Etiopia una squadra di tecnici per collaborare alle indagini, la Faa non ha preso provvedimenti sulla flotta americana. Dove due compagnie (Southwest e American Airlines) hanno insieme 58 di quei jet. Anzi, nella serata di ieri la Faa si è spinta fino a dichiarare sicuri i 737 Max 8, con immediato sollievo per la Boeing e la sua quotazione di Borsa.

Nella divaricazione di risposte tra Washington e Pechino si può scorgere una dinamica parallela, dove questi due incidenti aerei possono spostare rapporti di forze in una sfida tecnologica, industriale, geopolitica. Il fatto che la Cina sia stata così veloce a bloccare i jet della Boeing – hanno osservato gli analisti americani – ha contribuito all’ondata di sfiducia verso il colosso aeronautico di Seattle. Questo in una fase in cui l’industria aerospaziale – un business che dai jet passeggeri si allarga alla sfera militare, in parte anche all’avionica per lo spazio – sta uscendo dal duopolio euro-americano, con l’imminente arrivo in forze proprio della Cina.

Sorgente: Le lacrime ipocrite di Wall Street | Rep

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