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ROMA – L’automazione avrà un impatto significativo sull’occupazione italiana. Secondo i manager italiani intervistati nel rapporto “Intelligenza artificiale, innovazione, lavoro”, curato da Federmanager Academy in collaborazione con MIT technology review, l’Italia è al primo posto nella classifica dei Paesi che subiranno un calo del numero di occupati nei prossimi anni a causa di robot e intelligenza artificiale, seguita da Regno Unito, Francia e Germania. Chi invece beneficerà più di tutti del salto tecnologico è l’India, seguita da Cina e Stati Uniti. Guardando alla tipologia di lavoro, a essere maggiormente colpiti dall’avvento dell’automazione saranno gli operai non specializzati, i bancari e i commercianti. Mentre è il data scientist la figura professionale del futuro, indicata dal 13% del campione composto da 512 manager industriali. E-commerce manager e analista di sistemi informatici sono gli altri due profili che hanno ottenuto più opzioni (rispettivamente, 12% e 10% del totale). Ai manager iscritti a Federmanager è stato chiesto anche di indicare i settori produttivi che saranno più coinvolti dalla trasformazione tecnologica: nei prossimi 10-12 anni i manager d’azienda prevedono una riduzione di posti di lavoro nel settore bancario, nell’automotive e nel manifatturiero tradizionale. Aumenteranno, invece, gli occupati nel settore Ict, in quello della consulenza e in quello ambientale. “Oltre all’Ict, i manager indicano la consulenza e l’ambiente come settori di sviluppo. Questo è significativo perché si tratta di ambiti che portano innovazione e che richiedono forti competenze tecniche e trasversali – commenta il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla – l’industria, il manifatturiero, devono rivedere il proprio ruolo nel rapporto con robot e automazione. La sfida è imprescindibile se vogliamo mantenerci competitivi come Paese”. Il 95% dei manager dichiara di conoscere l’intelligenza artificiale, ma solo il 60% dichiara di avere esperienze di machine learning, una delle principali espressioni di intelligenza artificiale. Quanto a Industria 4.0, che per la quasi totalità (96%) è una conoscenza necessaria, l’83% non ha contezza della funzione degli “architetti di sistema”, ovvero coloro che devono decidere gli algoritmi da porre alla base della progettazione-implementazione dei processi o dei prodotti.”Sta crescendo la consapevolezza dei manager verso gli effetti della trasformazione in atto, ma non è ancora adeguata – afferma Cuzzilla – Per questo dobbiamo investire in formazione a 360°, in corsi mirati all’adeguamento delle competenze manageriali. Siamo convinti che i manager svolgano un ruolo fondamentale per innovare l’impresa: bisogna partire da loro per poi diffondere le competenze digitali in tutta l’organizzazione e innovare i modelli di business”. Rimane molto importante il fattore umano e solo il 5% dichiara che le soft skills nella produzione 4.0 non siano fondamentali. Per un terzo del campione la formazione alla leadership però è ancora vista in modo tradizionale, mentre la maggioranza (67%) propende per lo sviluppo di e-leadership, con la connessa capacità di introdurre, utilizzare e sfruttare al meglio l’innovazione e le tecnologie digitali in azienda. “Dal rapporto emerge anche un significativo fabbisogno formativo che deve essere colmato”, spiega Federico Mioni, direttore di Federmanager Academy. “Le risposte ottenute sulla formazione alla e-leadership, al fintech, alla blockchain ci confermano la validità dei nostri corsi, che guardano a temi di frontiera, superando la formazione manageriale in senso classico. In meno di due anni abbiamo già formato circa 350 manager sui profili più sfidanti, di cui 300 hanno ottenuto la certificazione delle loro competenze da parte di un ente terzo. Un risultato non certo scontato”.

Sorgente: Lavoro, per l’Italia conto salato da robot e intelligenza artificiale

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