0 7 minuti 5 anni

Tre anni fa sul sito della Regione aveva scoperto che il torrente davanti a casa avrebbe rischiato di scomparire

La politica però no. Di politica il sedicenne friulano Aran Cosentino non vuole sentir parlare neppure in chiave ecologista. Lui che si è guadagnato l’appellativo di “Greto” d’Italia per aver salvato il ruscello Alberone dagli artigli di una centrale idroelettrica piccola ma non sostenibile è ormai una delle prede più ambite degli aedi dell’onda verde. Lo chiamano, lo invitano, lo blandiscono per quella sua energia pulita che servirebbe come l’ossigeno all’esangue arte del governare il presente. Aran però guarda oltre, domani sarà in piazza a Udine per lo sciopero globale dei ragazzini che ha organizzato con il coordinamento nazionale di Friday for Future, di cui è parte del direttivo.

“Non voglio fare politica: se i partiti fossero davvero interessati a questi temi avrebbero già fatto qualcosa”
«Mi hanno già cercato per chiedermi se volevo fare politica ma mi disgusta, se, come dice Greta, i partiti dei grandi fossero stati veramente interessati a cambiare qualcosa avrebbero trovato tempi e modi» spiega al telefono durante una pausa compiti, lo spazio extra-scolastico che, non amando il calcio né altri sport, divide con l’impegno ambientalista sin da quando, iscritto al primo anno del liceo artistico multimediale di Udine, si è votato alla causa: era il 2016, la preistoria in realtà, rispetto all’avvento di Greta Thunberg.

Aran abita con la mamma impiegata in una mensa e i nonni a Savogna, un piccolissimo paese tra le verdi valli del Natisone e il confine sloveno, le cui 390 anime corrispondono esattamente alle firme raccolte per la petizione con la quale ha riscattato il ruscello che gli è valso la notorietà.

Racconta quella storia «perché è giusto» anche se, dice, non vorrebbe esservi associato a vita, vorrebbe essere altro: «Sono cresciuto in simbiosi con i miei boschi, ma l’ecologia è diventata attivismo quando nell’agosto di tre anni fa ho scoperto sul sito web della Regione che l’Alberone, il ruscello davanti alle mie finestre, rischiava di essere distrutto da una centralina idroelettrica. Sono andato in Comune, ho chiesto in paese, nessuno ne sapeva nulla. Allora ho creato un comitato di cittadini e ho cominciato a raccogliere firme per la strada e con il passa parola: spiegavo la cosa e trovavo tutti d’accordo perché quello è uno degli ultimi torrenti incontaminati dell’arco alpino in cui si trovano i gamberi d’acqua dolce, una specie protetta anche dall’Unione Europea. Questa storia dei gamberi è stata determinante quando nove mesi dopo la Regione ha ritirato la concessione ma poi, a gennaio dello scorso anno, la ditta ci ha riprovato, sosteneva di voler produrre energia verde da un corso d’acqua scarso perfino d’inverno: in realtà mirava solo ad accaparrarsi 3 milioni di euro dall’UE. Mi sono rimesso in moto ed è stato più facile della prima volta, i giornali locali mi ascoltavano, gli adulti mi seguivano, siamo arrivati a un migliaio di firme e alla fine del 2018, di fronte alle nuove obiezioni dell’amministrazione, la ditta si è ritirata definitivamente. Ora dobbiamo vigilare ma l’Alberone è salvo».

Aran sa che quella a cui è legato il suo nome è una vittoria politica perché, per quanto se ne smarchi, sa cosa significhi politica. Ignora le lotte del popolo no global, ma uno dei pochi libri sul suo comodino è quello di Julia Butterfly Hill, la ragazza della sequoia che di quel movimento era un’icona. La musica che ascolta è degli anni ’60 e ’70, soprattutto John Lennon, «”Imagine” è una canzone d’amore per l’uomo, il pianeta, la pace». Sogna d’incontrare Greta Thunberg ma conoscendone l’ostilità per gli aerei troppo inquinanti deve trovare un’alternativa per raggiungerla, «magari in bici».

La politica però no, niente bandiere in piazza con Aran e gli altri: «Per cambiare le cose non serve la politica, se avessi 18 anni non voterei o voterei scheda bianca. La prova è Greta. La sua battaglia per il cambiamento climatico non è parole: è viva, va affrontata oggi. In piazza chiediamo anche equità, giustizia, ma il tempo per salvare il pianeta sta scadendo, abbiamo 12 anni, è urgente come quando ho capito che avevo pochi mesi per evitare la morte dell’Alberone. Non prendetemi per megalomane però sì, stiamo scrivendo la Storia. Siamo il nuovo ’68 e spero che il nostro epilogo sarà migliore, che non saremo distrutti dalla droga, l’alcol e gli stupefacenti».

Aran dalla sua parte ha i nonni e la mamma che gli ha dato il nome di una lontana isola irlandese e gli ha insegnato a guardare in dvd, «perché Netflix costa troppo», i film che adora, «Forrest Gump», «2001 Odissea nello Spazio». E poi ha la rete, ma non il web, la rete reale di 100 città del mondo, 100 piazze del Belpaese, una chat da 82 attivisti d’età media 13 anni per coordinare Fridays for Future Italia: «Alcuni compagni di classe mi chiedono qualcosa ma per lo più mi guardano come “quello del ruscello” o con indifferenza. Faccio squadra con Marianna, una ragazza della scuola che ho agganciato perché raccoglieva firme per la raccolta differenziata nell’istituto. L’Italia purtroppo su questi temi è più indietro di altri Paesi, tipo quelli nordici, però si sta svegliando. È il quinto venerdì che manifestiamo tra la fine delle lezioni e i compiti che io non amo particolarmente fare. Continueremo». Ride: no, non sono i Gilet Verdi e non solo perché non si ritrovano di sabato. «Vogliamo costruire» insiste. È il suo lavoro oggi: poi sogna di diventare fotografo o documentarista, della natura ovviamente.

Sorgente: Aran, 16 anni e l’amore per l’ambiente: mobilita tutto il suo paese contro la centrale idroelettrica – La Stampa

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20