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Nel discorso sullo stato dell’Unione il presidente cambia i toni e guarda alle presidenziali del 2020

paolo mastrolilli
inviato a washington

«Dobbiamo rigettare la politica della vendetta, della resistenza, della rappresaglia, e abbracciare le potenzialità senza limiti della cooperazione, il compromesso e il bene comune». A parole, il presidente Trump ha scelto i toni della mano tesa, nel discorso sullo stato dell’Unione tenuto ieri sera a Capitol Hill, forse anche cercando di cambiare il tono in vista delle elezioni dell’anno prossimo. Nella sostanza, però, ha confermato i suoi obiettivi politici di sempre, a cominciare dal muro lungo il confine col Messico per fermare gli immigrati illegali, senza fare offerte concrete di collaborazione ai suoi avversari democratici.

Temi condivisi

Il capo della Casa Bianca ha dedicato la prima metà del discorso a rivendicare i suoi successi, a partire dalle buone condizioni dell’economia e dell’occupazione. Ha cercato anche il terreno comune su questioni come l’obiettivo di eliminare il contagio dell’Aids entro il 2030; finanziare la ricerca sul cancro in particolare per i bambini, chiamando sugli spalti una bambina di 10 anni sopravvissuta ad un tumore al cervello; ricostruire le infrastrutture; ridurre i prezzi delle medicine; riformare la giustizia. Ha invitato l’ex astronauta Buzz Aldrin per enfatizzare il sogno di tornare a conquistare lo spazio, e un reduce della Seconda guerra mondiale che aveva liberato il campo di Dachau per condannare il ritorno dell’antisemitismo. Ha riconosciuto i progressi compiuti dalle donne, rappresentate in Congresso come mai prima, per strappare l’applauso ai democratici.

Muri e immigrazione

Quando si è trattato di passare alle proposte concrete per il futuro, però, è tornato sui temi abituali: «I muri funzionano. Io costruirò quello che ho promesso di fare». Ha detto che magari non sarà di cemento e non coprirà tutte le duemila miglia del confine, ma ha ribadito che lo farà perché l’immigrazione illegale «è una crisi nazionale». Anche se non ha ancora dichiarato l’emergenza nazionale, che potrebbe scattare il 15 febbraio, quando finiranno i soldi stanziati per mettere fine alla serrata delle settimane scorse.

Sulla politica estera ha ribadito che l’avversario più pericoloso è l’Iran, mentre lui intende chiudere gli interventi in Afghanistan e Siria, perché «un grande paese non combatte guerre infinite». Quindi ha rivelato che il 27 e 28 febbraio tornerà ad incontrare il leader nordcoreano Kim in Vietnam, per cercare di avviare davvero il disarmo nucleare.

Attacco ai democratici

Forse Trump ha cambiato tono perché ormai la campagna per le presidenziali del 2020 è cominciata, e lui vuole presentarsi come un leader di successo e ragionevole che chiede la conferma. Infatti la maggioranza dei telespettatori ha apprezzato l’approccio del discorso. Per questa stessa ragione ha attaccato i nuovo eletti democratici come la giovane Alexandria Ocasio-Cortez, che propone politiche socialiste, proprio per dipingere invece i suoi avversari come pericolosi estremisti. Da stamattina, però, la sostanza tornerà a prevalere sulla forma e sulla retorica dei discorsi, e il capo della Casa Bianca dovrà dimostrare nei fatti in cosa consiste questo nuovo corso della mano tesa, se davvero esiste.

Sorgente: Trump tende la mano ai democratici ma conferma il muro con il Messico – La Stampa

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