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(Foto Claudio Furlan/LaPresse)

Venerdì mattina è stata consegnata all’ex governatore lombardo la notifica della condanna a 5 anni e dieci mesi. La difesa tenta la carta degli arresti domiciliari

di Pierpaolo Lio

È iniziata poco dopo le 9 di venerdì la lunga giornata di Roberto Formigoni, l’ex governatore della Lombardia condannato giovedì a 5 anni e 10 mesi per corruzione nell’inchiesta San Raffaele-Maugeri. A quell’ora i carabinieri si sono presentati al quarto piano dell’abitazione di via Ruggero di Lauria 3 dove l’ex presidente convive con un amico commercialista: i militari della sezione catturandi del Nucleo investigativo dovevano iniziare le procedure di notifica dell’ordine di esecuzione emesso dalla Procura generale e firmato dal sostituto procuratore generale Antonio Lamanna. Con ogni probabilità, però, Formigoni era già uscito di casa o aveva dormito fuori, perché a quanto risulta quando si sono presentati gli investigatori non hanno trovato nessuno.

Un’ora più tardi, intorno alle 10, l’ex presidente della Regione Lombardia, è entrato nel carcere di Bollate (Milano) per scontare la condanna: si è presentato spontaneamente ed è sceso da una Bmw berlina grigia nel parcheggio all’interno del carcere dirigendosi verso la prigione a piedi.

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L’inchiesta

La difesa di Roberto Formigoni ha depositato un’istanza alla Procura generale per chiedere che l’ex presidente della Regione sconti la sua condanna in detenzione domiciliare. Lo riferisce uno dei suoi legali, l’avvocato Mario Brusa. La legge «Spazzacorrotti» ha ristretto al mimino le possibilità anche per chi ha compiuto 70 anni, legandole a motivi di salute.

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