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È sufficiente guardare il ruolo delle banche francesi nella nostra Penisola per capire che non è auspicabile incrinare il rapporto tra i due Paesi. Anche perché già c’è il rallentamento economico italiano a frenare gli investimenti e l’appetibilità dello Stivale

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Nessuno pensa che le banche francesi presenti in Italia possano rivedere i loro piani sul nostro Paese solo per un incidente diplomatico. Però tra tutti gli Stati con cui potevamo averlo questo incidente, la Francia è forse quello con cui meno ci conveniva: incrociando i dati di Eba, Bloomberg e Aibe, emerge infatti che le banche d’Oltralpe sono quelle che più di tutte in Europa finanziano lo Stato italiano, gli Enti locali, le imprese e le famiglie nel nostro Paese. La loro esposizione totale sull’Italia (considerando i crediti al settore pubblico e a quello privato) ammonta infatti a 285,5 miliardi di euro secondo i dati di Bloomberg ed Eba. Molto più dei 58 miliardi delle banche tedesche e dei 21 di quelle spagnole. Anche escludendo l’interscambio commerciale tra Francia e Italia e le tante partite industriali-finanziarie incrociate (tra le quali il salvataggio dell’Alitalia), è insomma sufficiente guardare il ruolo delle banche francesi nella nostra Penisola per capire che non è auspicabile incrinare il rapporto tra i due Paesi. Anche perché già c’è il rallentamento economico italiano a frenare gli investimenti e l’appetibilità dello Stivale.

Il canale bancario è solitamente quello meno analizzato quando si guardano i rapporti economici tra due Stati, ma in questo caso non è affatto irrilevante. Non solo perché le banche francesi hanno acquisito due importanti gruppi italiani (Bnl da parte di Bnp Paribas e CariParma da parte di Credit Agricole), ma anche perché il loro ruolo è rilevante in tanti settori della nostra economia. Si pensi per esempio ai titoli di Stato: circa il 30% del nostro debito pubblico è in mani estere. Di questo 30% (secondo i dati dell’Aibe, che però sono aggiornati a fine 2017) quasi un terzo è nelle mani di istituti finanziari francesi. Questo fa di loro – ammesso che dal 2017 i dati non siano cambiati – i maggiori detentori di debito pubblico italiano all’estero. Lo sono da molti anni. Tre banche francesi (Bnp, Credit Agricole e SocGen) sono anche nella lista degli “specialisti” in titoli di Stato, cioè nella lista di quei soggetti che hanno specifici obblighi a sostegno del nostro debito pubblico sia sul mercato primario che secondario. Il loro ruolo è dunque rilevante. Soprattutto quest’anno, che lo Stato italiano dovrà emettere 251 miliardi di titoli di Stato a medio-lungo termine.

I BIG D’OLTRALPE IN ITALIA
Esposizione delle principali banche francesi in Italia a giugno 2018. Dati in miliardi di euro (Fonte: Bloomberg su dati Eba)

Ma le banche francesi hanno da sempre un ruolo non da poco in tanti altri settori. La quantità di credito erogato alle nostre imprese e famiglie è per esempio rilevante: dei 285 miliardi impegnati nel nostro Paese, la quota principale è infatti costituita proprio dai prestiti e dall’esposizione al settore privato. Ma un contributo arriva anche all’occupazione, se si pensa che solo le due maggiori hanno assunto negli ultimi 5 anni circa 4-5mila persone. O agli investimenti: solo Credit Agricole negli ultimi due anni ha investito in Italia oltre 4 miliardi. In realtà le banche estere di tutti i Paesi hanno un ruolo importante nel sostegno della nostra economia: secondo i dati dell’Aibe (Associazione italiana banche estere) gli istituti creditizi internazionali nel 2017 hanno partecipato al 52% delle operazioni di project financing in Italia, hanno contribuito all’83% delle emissioni obbligazionarie di imprese italiane, hanno preso parte a 44 delle 76 operazioni sul capitale di aziende made in Italy.

«Nell’immediato non prevedo alcun impatto sull’attività di queste banche nel nostro Paese – osserva Guido Rosa, presidente dell’Aibe -. Gli istituti di credito radicati qui da anni non si fanno certo condizionare da questi eventi chiaramente pre-elettorali». E anche dai vertici di alcune banche francesi in Italia, che preferiscono l’anonimato, arrivano rassicurazioni sul fatto che nulla cambia nell’impegno nella Penisola. Almeno nel breve periodo: «Le strategie industriali hanno un orizzonte di lungo periodo – osserva un banchiere -. Certo però è che se questa crisi diplomatica perdurasse e se diventasse più aspra e destabilizzante, un impatto sugli investimenti francesi in Italia potrebbe prima o poi esserci». Questo è il problema. È noto il nazionalismo dei francesi. Se si aggiunge il forte rallentamento economico italiano, questa crisi diplomatica può diventare un pretesto in più per ridurre l’esposizione sulla Penisola. Questo, per ora, è solo un rischio ipotetico. Nessuno “strappo” è nell’aria. Però la preoccupazione, nei quartieri generali delle principali banche francesi in Italia, è forte. Questo non va sottovalutato.

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