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Dall’indagine emerge l’esistenza di un sistema illecito che andava avanti da tempo, ma anche di probabili omissioni, se non collusioni, all’interno degli uffici giudiziaridi CHIARA SPAGNOLO

Non soltanto Flavio D’Introno e Luigi D’Agostino, ma anche altri imprenditori avrebbero foraggiato il sistema di corruzione gestito negli uffici giudiziari di Trani dall’ex giudice Michele Nardi e dall’ex pm Antonio Savasta (entrambi oggi in servizio a Roma). E proprio in quegli uffici i due magistrati si sarebbero avvalsi di “una rete di sicure complicità”.
Dall’ordinanza del gip leccese Giovanni Gallo (che lunedì ha fatto finire in carcere Nardi, Savasta e il poliziotto Vincenzo Di Chiaro) emerge l’esistenza di un sistema illecito che andava avanti da tempo, ma anche di probabili omissioni, se non collusioni, all’interno degli uffici giudiziari. Non è un caso che il provvedimento sia disseminato di omissis, dai quali la Procura di Lecce è partita per sviluppare ulteriori filoni investigativi.

Sono due agende a scandire le tappe degli incontri e delle tangenti che hanno incastrato alcuni degli indagati dalla Procura di Lecce per procedimenti penali e sentenze pilotate a Trani negli ultimi dieci anni in cambio di soldi, gioielli e viaggi. Una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari che ieri è costata le manette ai magistrati di Roma Antonio Savasta e Michele Nardi, all’epoca dei fatti entrambi in servizio a Trani, e all’ispettore di polizia pugliese Vincenzo Di Chiaro.

Le agende sono quelle personali di Luigi Dagostino, imprenditore toscano ora interdetto su disposizione dei magistrati salentini, su cui l’indagato annotava le somme di denaro da consegnare ad avvocati e magistrati e ogni appuntamento, come quelli con l’ex sottosegretario Luca Lotti a Palazzo Chigi, o con Tiziano Renzi padre dell’ex premier. Savasta all’epoca indagava, tra gli altri, proprio su Dagostino che per ottenere un trattamento di favore avrebbe iniziato ad elargire doni, anche non economici, come l’incontro con Lotti. Il magistrato si aspettava dal sottosegretario “una mano” per essere inserito “in qualche commissione in materia di appalti” ha dichiarato lui stesso durante un interrogatorio.

L’incontro, del 17 giugno 2015, sarebbe stato organizzato per il tramite di Tiziano Renzi, ex socio di Dagostino. Era il periodo in cui Savasta si stava “attivando per costruirsi appoggi strumentali ad alternative professionali” perché sulla sua testa pendevano diversi procedimenti penali e disciplinari.

Si inserisce in quello stesso arco temporale una cena alla quale aveva partecipato – ignaro della presenza del magistrato pugliese – Giovanni Legnini, all’epoca vicepresidente del Csm e che presiedeva proprio la commissione disciplinare che doveva pronunciarsi sul trasferimento d’ufficio di Savasta. Legnini, ora candidato alla presidenza della Regione Abruzzo, ha respinto come “strumentali” gli attacchi politici che gli giungono oggi dalla sua regione citando proprio le parole del gip secondo cui egli non era “previamente informato o comunque a conoscenza” della presenza di uno dei due giudici indagati e del suo amico imprenditore a quella cena. “Peraltro, come risulta dagli atti di indagine – sottolinea Legnini – trattai con molta freddezza il magistrato in questione, nei cui confronti pendeva un procedimento disciplinare, proprio perché irritato dal suo tentativo di avvicinarmi”.

Ma Savasta avrebbe fatto anche di più. Consapevole dell’indagine a suo carico, nel novembre 2018 avrebbe tentato di ‘comprarè il silenzio di un altro imprenditore, Flavio D’Introno (anche lui indagato perché avrebbe goduto dei favori del magistrato) offrendogli “denaro per consentirgli di riparare all’estero e rendersi latitante prima dell’esecuzione di una sentenza di condanna”, richiamandolo al rispetto del “patto d’onore” stipulato tra i due. Lo stesso imprenditore che era già stato “spremuto” anche da Nardi, definito “persona senza scrupoli che utilizza il lavoro di magistrato per ottenere quante più utilità possibili”.

Il gip di Lecce, Giovanni Gallo, non ha dubbi nel definire quello emerso dalle indagini “un quadro di malaffare, tale da rendere triste e desolante constatare di volta in volta con quale spregiudicatezza tre uomini dello Stato abbiano abusato con abitudine dei poteri loro attribuiti, senza rispetto alcuno per la legalità e la giustizia, dei quali dovrebbero essere custodi e difensori”. Da queste accuse, gli indagati potranno ora difendersi negli interrogatori di garanzia che si celebreranno giovedì nel carcere di Lecce.

Sorgente: Trani, altri imprenditori nel giro di mazzette dei magistrati arrestati: la verità in 2 agende – Repubblica.it

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