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Matteo Salvini sulla Tav rompe gli indugi. Fino a qualche giorno fa, per non mettere in crisi il patto di governo con Luigi Di Maio, il leader della Lega aveva offerto una mediazione: realizzare l’Alta velocità Torino-Lione, ma con tagli a costi e a cubature rispetto al piano originario. Come del resto dice il “contratto” giallo-verde, in cui si parla di «ridiscutere integralmente il progetto». Adesso, dopo aver dovuto subire il mezzo “no” imposto dai 5Stelle alle trivellazioni di gas e petrolio in mare, è determinato a «imporre un po’ di sì». A cominciare appunto dalla Tav, diventata la madre di tutte le battaglie, insieme alla legge sulla legittima difesa, in vista delle elezioni di maggio.

Nella sua controffensiva, Salvini giovedì ha annunciato che la prossima settimana sarà a Chiomonte, il cantiere più contestato d’Italia. Quello dove i no-Tav, a guida grillina, si scagliano con cortei spesso decisamente poco pacifici. Un «gesto simbolico», ha fatto sapere in capo leghista, «a fianco delle forze dell’ordine oggetto in questi anni di violenze». Per dire che «l’Alta velocità va fatta senza se senza ma».
Ora Salvini si spinge oltre. Delegittima l’analisi-costi benefici commissionata dal ministro 5Stelle Danilo Toninelli alla commissione presieduta dal no-Tav Marco Ponti: «I numeri in mio possesso dicono che l’opera va completata, che serve all’Italia, che sono maggiori i costi per sospenderla rispetto ad ultimarla», spiega Salvini. E aggiunge: «Poi ci confronteremo serenamente all’interno del governo. Io ho dei numeri forniti da alcuni tecnici, ma aspetto di leggere i numeri della commissione» di Ponti.

Si tratta di uno studio, fanno sapere in casa leghista, che mette insieme le analisi svolte da diversi tecnici e in gran parte commissionate dalla Confindustria piemontese. «Del resto», afferma il viceministro lumbard Massimo Garavaglia, «lo studio della commissione di Toninelli ancora non l’abbiamo visto, ma ci sono anticipazioni piuttosto surreali. Ad esempio si considera una perdita le mancate accise sul gasolio consumato dai camion: va bene tutto, ma considerare una perdita economica per lo Stato aver meno Tir sulle autostrade è un paradosso».

La mossa di Salvini punta a mettere in mora Di Maio, Toninelli e l’intero Movimento. Il vicepremier grillino e il ministro delle Infrastrutture avevano detto che l’analisi costi-benefici sarebbe stata resa pubblica «entro dicembre». Poi «entro gennaio». Invece adesso Toninelli rinvia ancora. Annuncia che lo studio sarà pubblicato solo dopo averlo condiviso con la ministra dei Trasporti francese Elisabeth Borne e con la commissaria europea Violeta Bulc, perché «la Tav è sottoposta a un accordo internazionale». E, tanto per gradire, Toninelli attacca Salvini da Pioltello dove un anno fa in un incidente ferroviario morirono 3 persone: «La più grande opera in questo Paese è evitare che ci siano altri morti per incidenti dovuti alla cattiva manutenzione, mi avrebbe fatto piacere vedere Salvini qui con me a ricordare tre morti di Stato».

Come dire: è da irresponsabili stanziare miliardi per la Tav, quando c’è da mettere in sicurezza l’intera rete ferroviaria. Una linea in parte condivisa dal premier Giuseppe Conte, ormai sbilanciato verso i 5Stelle: «Da mesi parliamo tutti di Tav. Ormai siamo dipinti come il governo del non fare, che attende l’analisi costi-benefici. Abbiamo cambiato metodo per il semplice fatto che un’opera di così rilevante impatto economico e forte impatto ambientale ci obbliga a recuperare valutazioni fatte più di 20 anni fa. Vogliamo vedere se sono ancora attuali, visto che il tunnel non è ancora iniziato. È irresponsabile questo?».

DI RINVIO IN RINVIO
Probabilmente no. Ma Salvini fiuta il tentativo dei 5Stelle di rinviare la decisione a dopo le elezioni europee. Perché, dopo aver dovuto ingoiare l’Ilva, il gasdotto Tap e il Terzo valico, il Movimento non può permettersi di dire sì anche all’Alta velocità. «Per noi sarebbe un suicidio, la nostra base non lo capirebbe», ha confessato Di Maio a Salvini. In più i 5Stelle, nonostante le fortissime tensioni innescate sul fronte dei migranti con Parigi, confidano nella sponda francese per ottenere un rinvio senza perdere i finanziamenti europei. «Macron ha il grande problema dei “gilet gialli” che sono sostenuti dal potente sindacato degli autotrasportatori», dice una fonte grillina che cura il dossier, «e non ha intenzione di dare il via libera definitivo a una nuova rete ferroviaria che toglie lavoro ai camion prima del voto europeo…». La prova: gli appalti di circa 2 miliardi per l’avvio del tunnel di base, sono stati rinviati a dicembre di comune accordo dalla Borne e da Toninelli.

IL REFERENDUM
In ogni caso Salvini ha in mano una carta di riserva: il referendum. Se non troverà un’intesa con Di Maio, tornato ieri a difendere il “no” alle trivelle («è una battaglia di sovranità nazionale per uno sviluppo sostenibile non ancorato al passato»), la Lega spingerà per consultazioni popolari in Piemonte, Lombardia e Veneto. E oltre che per la Tav, chiederà un “sì” per la Pedemontana veneta, altra grande opera pubblica osteggiata dai «talebani a 5 stelle», per usare una definizione leghista.

Sorgente: Tav, il dossier Lega: «L’opera va fatta, lo stop costa troppo»

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