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(Gianni Sartori)

 

Stando a quanto si poteva leggere su Asharq Al-Awsat nelle carceri israeliane dove sono rinchiusi i prigionieri palestinesi soffia aria di insubordinazione. O forse di rivolta.

Con una dichiarazione – firmata da cinque fazioni (Fatah, Hamas, Jihad islamica,  Fronte popolare per la Liberazione della Palestina e Fronte democratico per la Liberazione della Palestina) – hanno voluto protestare contro l’applicazione del piano di Gilad Erdan, ministro israeliano della Sicurezza interna.

Affermano i prigionieri:
In risposta alla dichiarazione di Erdan, noi, i prigionieri, ci uniremo per affrontare questo attacco, armati di un autentico sentimento di unità nazionale” appellandosi quindi al popolo palestinese affinché sostenga il loro movimento.

Il piano introduce ulteriori restrizioni (tra cui perfino la riduzione della quantità d’acqua disponibile, oltre alla proibizione di cucinare il proprio cibo,  la fine della separazione tra detenuti di fazioni rivali…) ) e viene considerato come una “dichiarazione di guerra”.

Non si esclude – stando a quanto dichiarano le organizzazioni firmatarie – di dover ricorrere a una “massiccia insurrezione” all’interno delle carceri per far valere i diritti dei prigionieri.

Nel testo si sostiene che il governo israeliano ricorrerebbe a tali misure sostanzialmente per ragioni elettorali. Oltre che – beninteso – per mantenere “lo stato di guerra permanente contro di noi, il popolo palestinese”.

Ma secondo alcuni osservatori, in Israele il piano di Erdan non è stato nemmeno preso  in considerazione. Valutato come un gesto propagandistico privo di fondamento o addirittura “volgare campagna elettorale”. Anche secondo alcuni funzionari delle carceri “la maggior parte delle cose proposte da Erdan sono impossibili da applicare”.

E intanto si allunga la lista dei palestinesi uccisi dal piombo israeliano al confine con la Striscia di Gaza. L’11 gennaio un uomo di 43 anni, Amal al-Taramsi, è stato colpito alla testa durante una manifestazione. Con lui sono 241 gli abitanti di Gaza uccisi dal marzo dell’anno scorso, la maggior parte in prossimità della frontiera.

 

Gianni Sartori

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