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Le mosse dei grillini studiate a tavolino all’inizio dell’anno. Il primo passo è stato la richiesta di chiudere la sede del Parlamento europeo a Strasburgo. Ora si va all’attacco della Francia “paese colonizzatore”. E si glissa sui migranti che muoiono nel Mediterraneo

Quando il 7 gennaio Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Davide Casaleggio si sono seduti al tavolo – nella casa romana di Pietro Dettori – per decidere come impostare la campagna elettorale per le Europee, più che a caccia di idee, proposte o nuove promesse, erano in cerca del perfetto capro espiatorio. E ai loro occhi è apparso subito, quasi immediatamente, il volto di Emmanuel Macron.

Delusi dal mancato accordo con En marche per formare un gruppo in Europa (avevano tentato anche questo, meno di un anno fa); offesi dalle parole del presidente francese che a giugno aveva definito la politica italiana sull’immigrazione “cinica e irresponsabile”; incoraggiati dall’onda populista dei gilet gialli, con cui hanno cercato invano un gemellaggio, il vicepremier italiano e l’ex deputato tornato a dare man forte dalle Americhe hanno costruito una strategia il cui primo passo è stato proporre l’abolizione della sede francese del Parlamento europeo.

E il secondo, denunciare la Francia come Paese neocolonizzatore e destabilizzatore del continente africano.Così, come due ragazzini che hanno appena fatto una marachella divertente, Dibba e Di Maio si sono presentati ieri sera in assemblea congiunta alla Camera soddisfatti del risultato: “Alessandro è tornato e sono felice. Abbiamo ricominciato a fare danni. Ora abbiamo l’ambasciatore chiamato da Macron…”, ha esordito il vicepremier, quasi avesse scordato di esserlo.

Il capo politico M5S è convinto che sull’immigrazione quello di “concentrarsi sulle cause e non sugli effetti”, il mantra delle ultime e delle prossime ore, sia l’unico spazio rimasto. L’hashtag #portichiusi è in mano a Matteo Salvini e alla sua “bestia” comunicativa; le parole del presidente della Camera Roberto Fico sul dovere della solidarietà risuonano invano, anche tra gli stessi eletti M5S, e sono considerate perdenti alle elezioni.

Perfino una delle deputate che aveva dato battaglia sul decreto immigrazione, Yana Chiara Ehm, ripeteva ieri meccanicamente: “In Africa la politica della moneta francese imposta ha influenzato lo sviluppo economico e migratorio”. Per cercare l’unità, e occupare uno spazio nel dibattito, il M5S butta la palla in tribuna: non dice cosa bisogna fare qui e ora davanti a barconi pieni di uomini donne e bambini lasciati in mezzo al mare, ma si sofferma su quel che serve nel lungo periodo per il bene dell’Africa come lo intendono Di Maio e Di Battista.

Che rivendicano la “scientificità” delle loro tesi, mutuate da alcuni studi del professore dell’Università Bocconi Massimo Amato. Per ritrovare le origini, niente di meglio che un po’ di sano complottismo sulle “vere” ragioni per cui gli africani sono costretti a migrare. Fino ad arrivare a dichiarazioni estreme come quelle pronunciate da Di Maio sulle scale del ministero dello Sviluppo: “Bisogna lasciarli in pace a casa loro e starcene in pace a casa nostra. E per noi intendo la Francia, che si avvantaggia delle importazioni delle materie prime mentre i migranti arrivano sulle nostre coste”.

A niente servono i fact checking proliferati riguardo al franco usato in 14 ex colonie: i profughi che sbarcano da noi vengono da altre zone dell’Africa. Dalla Costa D’Avorio, ottava nella lista degli arrivi, proviene solo il 4,5 per cento di migranti.”Il punto non è questo – spiega il sottosegretario M5S agli Esteri Manlio Di Stefano – il Cfa è il simbolo di un problema più ampio. L’Africa vista come un portafogli da svuotare. Quei Paesi, non avendo un’economia locale, diventano luoghi di transito dove fiorisce la tratta”.

Di Stefano non è preoccupato delle ripercussioni nei rapporti con la Francia. E anche a Di Maio, il consigliere diplomatico del Mise avrebbe spiegato che il richiamo dell’ambasciatore “è la prassi”. E che si può quindi tranquillamente andare avanti su questa strada. Il nemico numero uno è Macron. E se 117 persone sono morte in mare, appena tre giorni fa, la risposta del vicepremier è solo: “Perché l’anno scorso non ne morivano?”.

Sorgente: M5S, La strategia di Di Maio e Di Battista per creare il “nemico” Macron | Rep

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