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Se non è un pentimento, di certo è un ravvedimento virtuoso. Giunto alla fine del suo mandato, Jean-Claude Juncker non ha trovato di meglio che gettare la maschera. Con la storia dell’austerità abbiamo fatto danni, è il succo del suo discorso. Con la Grecia poi siamo stati degli aguzzini. L’uscita deve aver spiazzato non poco i rigoristi del Vecchio continente, se è vero che molti si sono affrettati a sviare la colpa altrove. Su Atene, per esempio, e il presidente della Commissione vi fa un richiamo esplicito, il Fondo monetario, che sta a Washington e non a Bruxelles, non ha avuto alcuna pietà.

 

I POSSIBILI MOTIVI DEL RAVVEDIMENTO DI JUNCKER

Siccome, ancorché per il politico lussemburghese l’accusa di non essere sempre lucido sia ricorrente, c’è da chiedersi cui prodest? Ovvero, perché a pochi mesi dalle elezioni del parlamento europeo Juncker ha sentito il bisogno di esternare il suo mea culpa. Interpretazioni possibili: non ha più niente da perdere, e quindi può dire quello che realmente pensa rivelando così di aver recitato in questi anni una parte che non gli corrispondeva. Numero due. Anche se all’apparenza ne dimostra molti di più, Juncker ha solo 64 anni (evidentemente l’Europa invecchia precocemente i suoi leader), magari intende avere un futuro politico al di fuori delle istituzioni comunitarie. Quindi, avrà pensato, meglio mettersi dalla parte dove sta girando il vento che non sembra più beneficiare gli inflessibili sostenitori dei parametri di Maastricht. Numero tre. Il suo è ravvedimento sincero, pensa che questa Europa così come è stata costruita sia ampiamente superata, e che per rifarne una nuova bisogna partire da presupposti che sconfessano del tutto o in parte la vecchia.

 

L’INFLESSIBILITÀ DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA

Curiosa contrapposizione, mentre il presidente della Commissione confessava i suoi dubbi a Francoforte la Bce stringeva ancora le briglie sulle banche. Riservando alle italiane uno sguardo particolare. Nonostante i ministri della Repubblica che si sono succeduti abbiano trasversalmente rassicurato che il nostro sistema è solido, ci sono ancora troppi Npl nella loro pancia. Ergo bisogna svalutare ancora, e dunque adeguare alla bisogna il patrimonio. L’avvertimento della Banca centrale ha provocato naturalmente un terremoto in Borsa dove i titoli del comparto sono scesi a piombo. Del resto, se il sistema bancario è universalmente riconosciuto come uno dei capisaldi su cui si regge l’economia di un Paese, metterne in dubbio la solidità significa mettere in crisi, o almeno in forte tensione, quel Paese. Non foss’altro perché le banche sono le prime detentrici di quel debito pubblico che tanto cresce (a novembre ha registrato con 2.345 miliardi un altro record negativo) e spaventa. Insomma, da un lato Juncker che fa retromarcia, dall’altro la Bce che invece, dopo avere costretto già in passato le banche ad adeguare i loro indicatori patrimoniali, assume un atteggiamento ancora più inflessibile. Sarà perché siamo a ridosso del voto, sarà perché agli orizzonti del mondo si vedono segnali di recessione, sta di fatto che questa Europa sembra andare sempre più in ordine sparso.

Sorgente: Il ravvedimento di Juncker, l’inflessibilità della Bce

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