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Si sente molto parlare di 5G in questi giorni e nell’immaginario collettivo si tratta di un altro potenziamento per la rete mobile che ci permetterà di scaricare video, documenti e musica più velocemente sui nuovi smartphone. Ma non è così. Il 5G non serve agli smartphone. Certo, verrà usata anche come infrastruttura per la comunicazione mobile al posto del 3G e in parte del 4G, ma il vero punto della questione è altrove. Mentre il 3G e il 4G sono le tecnologie che hanno portato Internet nei nostri smartphone, connettendo gli uomini alla Rete in qualsiasi momento, il 5G è pensato per le macchine. Con il 5G, la rete mobile avrà la potenza per gestire milioni di piccoli dispositivi sempre connessi che genereranno una mole di dati incredibile da trasferire a centrali di analisi in cloud. Non è un caso che le sperimentazioni attualmente in progetto siano proprio improntati nel rendere hi-tech attività industriali molto complesse. La città di Bari, per esempio, ha in progetto la trasformazione del proprio porto in un “porto 4.0” ovvero funzionante grazie a tecnologie all’avanguardia basate sul 5G implementato da Fastweb, Huawei e Tim. La gestione degli accessi, il controllo della logistica e molti altri aspetti diventeranno sempre online e aggiornati in tempo reale, migliorando sicurezza ed efficienza. Ma le grandi promesse del 5G sono accompagnate anche da grandi sfide. Rendere tutto superconnesso aumenta prestazioni, rendimenti e controllo, ma espone le attività al rischio hacking.

Proprio lo scorso anno, il grandissimo porto di San Diego ha subito l’arresto di quasi tutte le operazioni per una settimana a causa di un attacco ransomware che ne ha bloccato l’infrastruttura tecnologica. Un attacco che è giunto a meno di sette giorni da quello che ha bloccato molte attività a terra del porto di Barcellona. I danni sono stati enormi, ma la lezione da trarre è di quelle vitali: trasformare le attività vuol dire prendere in considerazione tutta una serie di rischi che non si possono più ignorare. Mettere online tutte le funzioni chiave di una struttura significa dover trovare un modo per proteggerle sia da chi vuole prenderne il controllo, sia da chi vuole semplicemente bloccarle. Purtroppo, la messa in sicurezza non è semplice. Nonostante il fatto che con l’arrivo del 5G ci si dovrebbe esser liberati del sistema SS7, una tecnologia usata da 40 anni dagli operatori per gestire la sicurezza delle connessioni ma che non usava la crittografia, anche il moderno protocollo Diameter che lo ha sostituito non sembra essere all’altezza del compito per come viene implementato dagli operatori.

Gli esperti di Positive Technologies che hanno pubblicato uno studio sul fenomeno lamentano una implementazione troppo ottimista della crittografia dei dati dal momento che non è mai end to end, la più sicura, ma si estende al limite al perimetro della loro infrastruttura, lasciando uno spazio per le intercettazioni. Si spera che per quando il 5G sarà una realtà affermata, le cose saranno state implementate a dovere.

Ma la sicurezza informatica non è l’unico punto critico per il 5G. Anche la semplice copertura del segnale potrebbe rappresentare per gli operatori uno scoglio importante. Le frequenze usate, infatti, sono ideali per quello che riguarda il trasferimento ad altissima velocità dei dati, ma poco adatte agli ambienti “affollati” di ostacoli come quelli cittadini. Durante il Global Mobile Broadband Forum di Londra promosso da Huawei, uno dei suoi tecnici ci ha confidato che serve un numero molto elevato di antenne per coprire in maniera efficace una città e per questo i produttori stanno preparando sistemi che possono essere incorporati ovunque: dai lampioni alle pareti degli edifici, passando per semafori e qualsiasi altro possibile “punto di appoggio”. Il problema della scarsa penetrazione e capacità di rimbalzo delle onde radio usate dal 5G porterà a costi molto elevati nella creazione dell’infrastruttura che dovrebbe far diventare smart le nostre città e le vicende geopolitiche che stanno animando le cronache in queste settimane, con il braccio di ferro tra il governo statunitense e l’azienda cinese Huawei, non aiuta a trovare una soluzione. Al momento, infatti, Huawei è una delle aziende più avanti nella sperimentazione 5G e nella produzione dell’hardware necessario a implementarlo. Senza di loro, o con una forte limitazione della loro presenza negli Stati alleati degli Stati Uniti, l’adozione del 5G sarà sicuramente rallentata.

Sorgente: Cybersecurity: tutti i nodi (e i rischi) delle nuove reti 5G – Il Sole 24 ORE

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