Governo per rifare la legge elettorale e voto a ottobre: il piano Lega-M5S | Rep
Posted by luna_rossa on 15,Mar,2018 in - Rassegna Stampa, ELEZIONI 4 MARZO 2018, Politica | 0 comments
di CLAUDIO TITO
Cambiare la legge elettorale in poche settimane e tornare rapidamente al voto. Non si tratta semplicemente di un piano studiato a tavolino. È piuttosto una convergenza di interessi e di nature.
Il Movimento 5Stelle e la Lega hanno avviato parallelamente le loro consultazioni. E per la prima volta Luigi Di Maio e Matteo Salvini si sono parlati al telefono e potrebbero incontrarsi prima del 23 marzo, giorno di insediamento del nuovo Parlamento. Ufficialmente il contatto avrebbe dovuto riguardare solo la prossima elezione dei presidente di Senato e Camera. Entrambi, infatti, hanno sondato (o promesso di farlo) anche il Pd di Martina e LeU di Grasso. Ma la mera ufficialità è un conto, la sostanza è un’altra. La realtà sta spingendo i leader dei due schieramenti che hanno preso più voti a fare un passo ulteriore: gestire e tracciare i confini di una legislatura che appare azzoppata in partenza.
Il capo dei grillini, che ieri ha incontrato Davide Casaleggio nella sede milanese della sua società, non esclude – almeno per ora – di poter coinvolgere il Pd in una operazione di governo. Ma più passa il tempo e più quella soluzione diventa fragile. I democratici infatti non intendono raccogliere gli inviti di pentastellati e berlusconiani.
I due, allora, condividono già in questa fase la soluzione alternativa. Che nei colloqui delle ultime ore sta assumendo la forma dell’ipotesi principale. Varare una riforma elettorale e richiamare gli italiani alle urne entro l’autunno. Si tratta di uno schema che si basa su una semplice condivisione di esigenze. E su un presupposto: impostare un nuovo bipolarismo che si regga su due gambe, il M5S e la Lega Nazionale, rendendo ininfluenti Pd e Forza Italia. Per arrivare a questo obiettivo hanno bisogno di una legge elettorale in grado di plasmare il sistema politico. Una riforma che reintroduca il premio di maggioranza.
Non è un caso che sui tavoli di tutte le segreterie, siano ricomparse da una settimana le sentenze della Corte costituzionale con cui sono stati bocciati il Porcellum e l’Italicum. Sono state segnate con l’evidenziatore le parti in cui si sottolineava la necessità di prevedere una soglia minima per accedere al premio, il richiamo all’omogeneità tra Camera e Senato e, per quanto riguardava l’Italicum (e quindi in quel caso il secondo turno) l’opportunità di non vietare l’apparentanmento.
I pentastellati e i leghisti hanno i numeri in Parlamento per approvare una riforma di questo genere. E hanno i numeri per dar vita a un governo che accompagni velocemente questo intervento. La conseguenza di un accordo siffatto avrebbe riflessi inevitabili anche su Palazzo Chigi. Nel progetto che stanno trattando gli “ufficiali di collegamento” di Salvini e Di Maio, si fissa la necessità di allontanare Paolo Gentiloni dalla presidenza del consiglio. Al suo posto non andrebbero nè il leader a 5Stelle nè quello lumbard. Sarebbe un “governo di scopo” dai contorni, però, definiti da questi due partiti e con un premier che per pochissimi mesi possa essere “digerito” dalle due rispettive basi. L’identikit è quello di un costituzionalista, un magistrato di chiara fama e che dia garanzie anche al Quirinale.
A ottobre, poi, ci sarebbe nelle urne il regolamento di conti tra di loro. Come dice Di Maio, nascerebbe formalmente la “Terza Repubblica”. Fondata sul neopopulismo interscambiabile di Lega e M5S.
Le presidenze delle Camere, in questo contesto, assumono un profilo affatto diverso. La caratteristica della “garanzia” invocata fino a ieri dal leader pentastellato si è rapidamente trasformata in un più concreto “Montecitorio a noi” per proseguire la battaglia contro i vitalizi. Specularmente ci sarebbe un presidente del Senato leghista. Un modo – spiegano – per affrontare ad “armi pari” la prossima campagna elettorale. Ovviamente questo patto embrionale sta già sconquassando il centrodestra e ha gettato il Pd nel panico.
“Il progetto è chiaro – ha tuonato ieri Silvio Berlusconi – Salvini vuole rompere la coalizione. Vuole distruggere Forza Italia. Ma non ha capito. Non ha capito che noi reagiremo”. L’intesa tra Carroccio e Cavaliere è durata dunque lo spazio di un mattino, se mai c’è stata. La guerra è aperta. Il centrodestra, come lo abbiamo conosciuto fino a ieri, già non esiste più. È in corso una lotta per la sopravvivenza, non per la premiership. Tutta l’ala “filoleghista” di Forza Italia non sa più come amministrare la rabbia di Berlusconi e soprattutto non sa più come comportarsi con Salvini. Al punto che a margine della riunione dei neoeletti forzisti, è stata persino contemplata l’idea di far saltare la giunta di Toti in Liguria. Il Governatore è additato come il principale colpevole e come un traditore in pectore. “Forse – ha poi avvertito ancora l’ex premier – Matteo non ha capito bene cosa ci siamo detti nella riunione di martedì. Non ha alcuna delega a trattare per conto nostro. Ognuno tratta per se”.
Anche tra i Dem è scattata la paura. Dario Franceschini lo dice a chiare lettere: “Vogliono tornare alle elezioni”. E il reggente Martina già l’altro ieri ammoniva: “Prepariamoci al peggio”.
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