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Non erano tre, non erano re, non si chiamavano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre e non seguivano una “stella cometa”

Tra i vari personaggi che popolano le tradizioni natalizie, gli ultimi in ordine di arrivo sono i cosiddetti re magi, cioè i tre re orientali che – secondo la versione più popolare – portarono dei doni a Gesù appena nato, dopo essere arrivati in Palestina seguendo la cosiddetta “stella cometa”. Il loro arrivo a Betlemme viene ricordato il 6 gennaio, festa dell’Epifania. I doni che portarono a Gesù erano oro, incenso e mirra (su cosa sia la mirra ci torniamo dopo). Si dice che i loro nomi fossero Gaspare, Melchiorre e Baldassarre e che fossero di tre etnie diverse: uno bianco, uno nero e uno mediorientale. In realtà, come per altri personaggi presenti nel presepe, nel corso del tempo alla loro storia sono stati aggiunti vari dettagli che non sono presenti nei Vangeli. Per esempio si dice che furono tre perché Gesù ricevette tre regali.

Cosa dicono i Vangeli dei re magi

Non molto, come per tutte le cose che riguardano l’infanzia di Gesù. Solo uno dei quattro Vangeli canonici (quelli accettati dalla Chiesa cattolica) li nomina, quello di Matteo, nel secondo capitolo. Non dice quanti fossero, come si chiamassero o da dove venissero esattamente. Hanno però un ruolo nel seguito della storia, in particolare nella fuga in Egitto di Giuseppe, Maria e Gesù. Secondo il racconto di Matteo, infatti, sono quelli che dissero al re Erode che era nato il nuovo “re dei Giudei”, quindi fu a causa loro che Erode fece uccidere tutti i bambini sotto i due anni della zona di Betlemme.

«Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra».

Il capitolo continua dicendo che sulla via del ritorno i magi non ripassarono da Erode, perché un angelo apparve loro in sogno perché cambiassero strada. Un altro angelo invece apparve a Giuseppe per farlo scappare in Egitto con Maria e Gesù.

Le tradizioni successive hanno abbellito di particolari la storia dei magi. Per esempio solo nel Terzo secolo si cominciò a dire che fossero dei re: quest’ipotesi fu suggerita dall’interpretazione di alcuni versetti del Vecchio Testamento secondo cui il salvatore del popolo ebraico sarebbe stato onorato anche dai re. Si pensa che i nomi Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, quelli più usati dai cristiani europei, arrivino da un manoscritto greco risalente al quinto o al sesto secolo e scritto ad Alessandria d’Egitto: ci è arrivato in una traduzione latina dell’ottavo secolo, intitolata Excerpta Latina Barbari. Solitamente Baldassarre è rappresentato come re della Arabia, Melchiorre come re della Persia e Gaspare come re dell’India. In altre parti del mondo i cristiani usano nomi diversi: i cristiani siriani hanno sempre usato Larvandad, Gushnasaph e Hormisdas, gli etiopi Hor, Karsudan e Basanater, mentre gli armeni Kagpha, Badadakharida e Badadilma. Ai cristiani cinesi piace pensare che uno dei magi venisse dalla Cina.

Dicevamo della mirra, comunque. La mirra è una resina che si ricava dalla corteccia di diverse piante, tra cui la Commiphora myrrha, un albero nativo della penisola Arabica e di alcune parti dell’Africa orientale. Si usa tuttora per produrre profumi e dentifrici e in passato era usata per realizzare medicinali. Nella storia di Gesù ha un significato simbolico, perché fu una delle sostanze con cui fu unto il suo corpo prima della sepoltura. Gli antichi egizi la usavano per le imbalsamazioni.

Cosa significa “magi”

La versione originale dei Vangeli è scritta in greco antico e al termine “magi” corrisponde “μάγοι”, che arriva dall’antico persiano. Lo storico greco Erodoto (vissuto nel quinto secolo a.C., quindi circa cinquecento anni prima della redazione del Vangelo di Matteo) usò questo termine per indicare i membri una delle sei tribù in cui era suddiviso uno dei popoli che anticamente abitava nella regione che corrisponde all’odierno Iran, i Medi. Quando i persiani conquistarono il regno dei Medi, il termine cominciò a essere usato per indicare semplicemente i sacerdoti. La loro religione esiste ancora, in India, anche se la praticano sempre meno persone: lo zoroastrismo. È un culto monoteista, secondo la tradizione fondata da Zarathustra, conosciuto dai greci come Zoroastro. Anticamente il legame tra religione e astronomia era molto forte e le classi sacerdotali erano anche le più colte, per questa ragione non stupisce che i magi fossero arrivati in Palestina seguendo un fenomeno astronomico.

La parola “μάγος” è passata dal greco al latino “magus” a cui corrisponde sia l’italiano “magio” che “mago”, nel senso di persona dotata di poteri magici: infatti già i greci cominciarono a usare questa parola per indicare i sacerdoti babilonesi, che praticavano l’astrologia e rituali magici. La differenza di significato è stata conservata in italiano usando “magio, magi” invece che “mago, maghi”; in inglese il problema si è risolto traducendo “μάγοι” con “wise men“, cioè “uomini saggi”, oppure conservando il “magi” latino. In altre lingue, come lo spagnolo, i termini “magio” e “maghi” non sono distinti.

E la stella era una cometa?

L’espressione “stella cometa”, che si usa solitamente per indicare il fenomeno luminoso studiato dai magi, è ovviamente sbagliata: una stella e una cometa sono due corpi celesti molto diversi. Le stelle sono grandissime masse – il Sole per esempio è una stella e ha una massa più di 300mila volte quella della Terra – fatte principalmente di idrogeno ed elio in cui avvengono continue fusioni nucleari. Le comete sono pezzi di roccia e ghiaccio che, secondo le teorie più condivise, circa 4,5 miliardi di anni fa si staccarono dai materiali che portarono alla formazione della Terra e degli altri pianeti rocciosi: si sparpagliarono a grandi distanze dal sistema solare a causa della loro interazione con le orbite di Giove, Saturno, Urano e Nettuno, e finirono in un’area chiamata nube di Oort, la cui esistenza è solo ipotizzata perché è talmente buia e remota da non essere osservabile direttamente con i sistemi attuali. Ogni frammento segue una propria orbita e talvolta lascia la nube di Oort finendo nel sistema solare interno, dove diventa osservabile.

La prima persona a pensare che la “stella” citata nel Vangelo di Matteo – in greco “ἀστέρα” – fosse una cometa potrebbe essere stata il pittore Giotto. Fu lui infatti il primo a rappresentare la stella come una cometa in uno degli affreschi della Cappella degli Scrovegni di Padova, realizzato tra il 1303 e il 1305, L’Adorazione dei Magi. Gli storici pensano che Giotto rappresentò la stella in questo modo perché tra il 1301 e il 1302 aveva assistito al passaggio della cometa di Halley, una delle più famose nella storia dell’astronomia, che seguendo la sua orbita torna periodicamente ad avvicinarsi alla Terra e al Sole.

giotto_cometa

Probabilmente però la “stella” non era una cometa e nemmeno una stella. Secondo uno studio dell’astrofisico e cosmologo americano Grant Mathews, che insegna all’Università cattolica di Notre Dame, il fenomeno celeste citato dal Vangelo di Matteo potrebbe essere stato un eccezionale allineamento planetario accaduto nel 6 a.C.: in quell’anno il Sole, Giove, la Luna e Saturno si trovarono a essere allineati nella costellazione dell’Ariete, mentre Venere era nella vicina costellazione dei Pesci e Mercurio e Marte in quella del Toro. Matthews è giunto a questa conclusioni incrociando il testo evangelico, le informazioni proveniente dalle fonti storiche (comprese le osservazioni degli astronomi cinesi di quel periodo) e dati astronomici. Tra le argomentazioni a favore di questa tesi – che ovviamente non mette in discussione l’idea che i magi si fossero recati a Betlemme – c’è il fatto che per l’astrologia la presenza contemporanea di Giove e della Luna indicherebbe la nascita di un re con un destino speciale. All’inizio la congiunzione era visibile a est e questo spiegherebbe la direzione del viaggio dei magi.

Sorgente: Tutto quello che sai sui re magi è falso – Il Post

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